Basilico

OCYMUM BASILICUM

OCYMUM BASILICUM

La pianta del basilico ha fatto un lungo viaggio nei millenni, prima di approdare sulla riviera ligure dove ha trovato le condizioni climatiche ideali per una produzione d’eccellenza. Originaria dell’India e dell’Indonesia, dove nasce ancora spontaneamente, ha seguito il destino dei flussi migratori delle popolazioni che si spostavano ad occidente attraverso l’Asia Minore e l’Africa settentrionale ed è diventata uno dei simboli della gastronomia del bacino del Mediterraneo.
Sin dall’antichità erano conosciute le tante proprietà di questa pianta aromatica. Gli infusi fatti con le foglie servivano per calmare i dolori e contrastare gli stati di affaticamento, mentre gli oli essenziali presenti nella pianta erano utilizzati per la confezione di profumi e liquori.
L’uso delle foglie in cucina è relativamente tardo. Il pesto, quello originario, è una ricetta ottocentesca, per la prima volta menzionata nel testo “La Cucineria Genovese di Giò Batta Ratto”, scritto poco prima dell’Unità d’Italia.
Non è un caso che si debba a Genova questa primogenitura perché è qui che ancora oggi nasce il basilico più famoso d’Italia, dal sapore delicato e dall’intenso profumo. Le caratteristiche uniche che vengono riconosciute a questa varietà di basilico hanno finalmente portato, nell’ottobre 2005, all’inserimento del Basilico Genovese DOP nel Registro Europeo delle Denominazioni d’Origine e delle Indicazioni Geografiche Protette, un primo passo per l’attesa attribuzione della DOP anche al pesto genovese.

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L’attribuzione della DOP si estende al basilico prodotto in tutta la regione ligure, anche se quello coltivato nel ristretto territorio tra Voltri e Prà è il più adatto per preparare il pesto, secondo l’opinione di gastronomi, ristoratori ed appassionati. Cosa rende il basilico di Prà differente e migliore rispetto agli altri è un’alchimia. Di sicuro la tipologia degli oligoelementi ha un ruolo molto importante ma anche la natura argillosa del terreno, la vicinanza al mare ed al torrente Leira sono fondamentali per ottenere un basilico tenerissimo e privo di retrogusto di menta presente in altre varietà italiane. Un basilico che non ha eguali sul territorio nazionale.
La produzione è faticosa e a ritmo continuo, sei giorni su sette, tutto l’anno. Le serre sono riscaldate e mantengono una temperatura costante sopra i 20°C anche d’inverno perché la pianta non tollera il freddo.
Prima della semina, il terreno all’interno delle serre sterilizzato a vapore e concimato naturalmente, in seguito vi viene sparso a mano, a spaglio come si dice in gergo, il seme di basilico genovese. Occorrono venti giorni d’estate e il doppio d’inverno per la crescita delle piantine che, nel frattempo, sono irrigate a mano con larghi tubi di gomma. Dopo questo tempo il basilico è pronto per la raccolta che avviene quando la pianta è ancora molto giovane e le foglie piccole e tenere:uno dei segreti del suo sapore.
La modalità della selezione degli steli è suggestiva ed inusuale. Gli addetti si distendono su tavole di legno, poste a breve distanza dal terreno e appoggiate ai tubi del riscaldamento delle serre, e da questa posizione supina scelgono e sfoltiscono accuratamente le piantine già giunte a maturazione per permettere al basilico rimasto nascosto di godere di una maggiore luminosità e di crescere.
L’ultima fase del ciclo è la preparazione del prodotto per la vendita. Le piantine vengono raccolte in bouquet avvolti in un foglio di carta appena inumidita e successivamente chiusi in un sacchetto per alimenti. La materia prima è pronta, occorre aggiungere solo aglio, pinoli, parmigiano e pecorino grattugiati, sale grosso e olio extravergine d’oliva ligure per fare anche in casa il vero pesto genovese.

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