Aglio
STORIA E LEGGENDA
Tra faraoni, vampiri, legionari e schiavi, aneddoti e vicende culinarie dell’ortaggio odoroso più indispensabile e scomodo della storia. L’aglio è un prodotto noto fin dall’antichità a cui sono legate strane credenze e vecchie usanze. Oltre a tener lontano i vampiri si pensa prevenga anche il malocchio. Ma anche salutare, è una prodotto che trova larghissimo impiego nelle più svariate situazioni: dall’uso in campo culinario fino alla medicina.
E’ un ingrediente tradizionale della cucina mediterranea, è indispensabile, nella giusta misura, per una moltitudine di ricette. Ma ha anche proprietà curative: riduce il rischio di infarto e di trombosi, ha un’azione terapeutica sia nei confronti dell’arteriosclerosi sia dell’ipertensione, aumenta le difese immunitarie.
L’aglio è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Liliacee, il cui aroma è dato da una sostanza contenente zolfo e da un principio attivo l’allicina, che ha azione antisettica. Utilizzato fin dall’antichità sia in cucina sia in medicina, nel corso della storia il bulbo mangereccio ha suscitato sentimenti contrastanti se non addirittura diametralmente opposti, “ODI ET AMO” potremmo dire, riprendendo una frase di Catullo.
Nell’antichità l’aglio era molto apprezzato e sulle rive del Nilo, dove le verdure di certo non scarseggiavano, era sicuramente uno tra gli ortaggi più consumati insieme a porri e cipolle.
Ai tempi dell’antico Egitto era più piccolo del nostro e di sapore meno forte; in alcune tombe del Periodo Predinastico (V e IV millennio A.C.), sono stati ritrovati modellini di aglio in argilla insieme ad altre offerte funerarie, mentre in tombe più tarde (metà del secondo millennio A.C.), sono stati rinvenuti bulbi d’aglio veri e propri. All’epoca, infatti, era tradizione porre offerte di cibo all’interno della tomba nella speranza che il defunto potesse nutrirsene nell’aldilà.
Al Museo Egizio di Torino, dove è conservato il corredo funerario di un architetto di nome Kha, vissuto nel XIV secolo A.C., si trovano, tra i più svariati cibi che dovevano rallegrare l’uomo nel mondo dei morti, anche parecchi bulbi. Gli stessi, inoltre, sono stati ritrovati all’interno della ricchissima tomba del giovane Tutankhamon.
Per contrastare l’alito pesante gli antichi egiziani masticavano pezzi di “Natron” o pastiglie di “Kapet”, il famoso “Kyphi” degli autori classici, composto da incenso secco, resina di terebinto, radice odorosa, scorza di cinnamomo, cipero ed altre erbe dolci, il tutto tritato finemente, mescolato con miele e infine scaldato.
Lo storico greco Erodoto, che visitò l’Egitto intorno alla metà del V secolo A.C., riferì che le piramidi furono costruite da “schiavi nutriti con pane, aglio e cipolla”.
Dalle sacre scritture a Roma
L’aglio è ricordato anche nella Bibbia fra i cibi rimpianti dagli Ebrei al momento dell’Esodo: “Ci ricordiamo del pesce che in Egitto mangiavamo liberamente, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. E’ da notare che nella cucina tradizionale ebraica l’aglio gioca ancora un ruolo molto importante nella preparazione di svariate ricette.
Anche i Greci furono grandi consumatori di aglio e benché lo denominassero con l’aggettivo poco lusinghiero di “fetido”, lo usarono ampiamente come condimento. Si è a conoscenza della ricetta di una salsa d’aglio fatta pestando e mescolando una poltiglia di aglio, olive nere, formaggio grattugiato, uova, miele e olio; questa crema poteva accompagnare focacce, polenta o vegetali bolliti.
I Romani hanno sempre avuto un rapporto “conflittuale” con l’aglio, il cui nome botanico, “Allium”, secondo un autore romano verrebbe dal latino “QUOD OLEAT”, “perché puzza”. Lo confermano alcuni proverbi del tempo: ALEO (SI) LUDAM, SANE MEAE OLANT MANUS, “ se si gioca con l’aglio, le mani finiscono per puzzare”, oppure, TUTE HOC INTRISTI: TIBI OMNEST EXENDENDUM, “tu l’hai tritato e ora te lo mangi”. Proverbi a parte il consumo dell’aglio a Roma era abbondante, ma sembra riservato alle classi povere. Aglio e cipolla conditi con olio e aceto erano il piatto del povero, del soldato e di tutti coloro che erano addetti ai lavori pesanti.
Soldati e rematori puzzavano regolarmente di aglio e di cipolla, sicchè per Plutarco sapere di aglio e cipolla era sapere di povertà! Svetonio, il biografo dei Cesari, riferisce che l’imperatore Vespasiano(I secolo d.C.) rimase sorpreso quando, passando in rassegna l’esercito, si trovò dinnanzi un soldato che emanava una dolce fragranza e risentito gli disse: MALUISSEM ALIUM OBULISSES, “preferirei che tu puzzassi d’aglio”. Di certo, a un rude soldato del tempo si addiceva molto di più il puzzo dell’aglio che una delicata essenza profumata. Per Plauto l’aglio ricorda il fetore di uno schiavo di campagna, le zaffate delle galere, il marchio di una scuola di cucina tutt’altro che raffinata. Apicio (autore della celebre opera, “De Re Coquinaria”, ricettario del II secolo d.C.) impiega l’aglio soltanto in uno stufato misto di pesce – L’Embractum baianum – ma lo cita nella lista dei condimenti indispensabili: è evidente che nelle cucine aristocratiche lo si dovesse utilizzare molto poco.
L’aglio comprometteva la socialità ed era per questo messo al bando dalle persone più raffinate. Plinio e Columella danno addirittura consigli sui vari modi di cucinare l’aglio al fine di evitare che l’alito puzzi, oppure sui cibi da mangiare per mascherarne l’odore.
L’uso alimentare dell’aglio era una delle caratteristiche che i Romani trasferivano sui barbari sottomessi: un vescovo della tarda romanità, Sidonio, rabbrividiva al solo pensiero di dover vivere tra i Burgundi che alitavano d’aglio dalle nove del mattino.
L’aglio come medicamento
Importante era nell’antichità l’utilizzo curativo della pianta. Nella terra dei faraoni, nel cosiddetto “Papiro Erbes” (1530 a.C circa”) sono elencate svariate prescrizioni mediche che includono l’aglio, soprattutto come rimedio per i morsi di serpente: “ Rimedio ottimo da prepararsi per ogni morsicato, l’aglio sarà tritato finemente con della birra…” ed ancora: “Riguardo all’aglio…è un veleno efficace per uccidere ogni serpente maschio e femmina. Se è tritato con acqua e se un uomo ne è spalmato, il serpente non lo morderà”. Sempre nello stesso papiro è consigliato un metodo per evitare che un serpente esca dalla tana: Mettere uno spicchio d’aglio all’ingresso della sua tana: non potrà uscire”, in quest’ultima “ricetta” l’aglio sembra dotato di una forza protettiva, quasi magica.
Contro gli spiriti e in battaglia
La valenza protettiva dell’aglio è espressa chiaramente in un’altra ricetta dell’Antico Egitto, questa volta destinata a tenere lontano gli spiriti dei morti dalle case in cui vi erano neonati. Si pensava, infatti, che questi potessero entrare di notte nelle case per portare via i bambini e le madri, per proteggere i figli, preparavano una “pozione magica”, come recita questa antica formula egiziana:”Io ho fatto la sua protezione magica contro di te con piante di Afay…, con aglio che ti fa danno, con miele dolce agli uomini, ma amaro a quelli che sono nell’aldilà…”. Le sue facoltà protettive, potevano essere legate all’odore acre della pianta: visto che riusciva a tenere lontano gli esseri umani, che cosa non avrebbe potuto fare contro le potenze invisibili.
Per i Greci e Romani l’aglio era una sorta di eccitante, rinforzava il temperamento appassionato della persona impulsiva e, secondo Galeno, medico e filosofo greco (II secolo d.C.), riscaldava il corpo e doveve essere evitato dalle persone portate alla collera. Per Plinio, l’aglio è dotato di “Magna Vis”, cioè di grande potenza. Quanto detto spiega l’usanza dei soldati greci di mangiare aglio prima di andare in battaglia, ma anche di ungerci i galli da combattimento prima dello scontro. I Romani, inoltre, lasciavano piatti d’aglio davanti ai tempietti della dea-strga Ecate, signora del regno infero, degli incantesimi e dei fantasmi. Ulisse dovette probabilmente mangiare un’erba molto simile all’aglio per evitare di essere trasformato in maiale dalla maga Circe…
Aglio che da forza, che protegge contro i rettili ma anche contro le magie e le entità soprannaturali, tutto questo riporta alla mente anche le storie dei vampiri. Nel folklore dei Paesi occidentali, infatti, l’aglio è remota antichità.
I migliori bulbi d’Italia
Aromatico, salutare, piccante come suggerisce, secondo alcuni autori, lo stesso nome “Allium”, dalla radice celtica “All”, “caldo che brucia”.
Originario dell’Asia centrale, l’aglio era conosciuto nella forma attuale già due millenni prima di Cristo ed è ancor oggi protagonista della nostra gastronomia, in piccole dosi ma indispensabili.
Il nostro Paese è uno fra i produttori di eccellenza per la qualità e varietà dell’ortaggio, coltivato in diverse varietà di pregio. Ultimamente, tuttavia, il mercato nazionale è “invaso” dall’aglio proveniente dalla Cina. L’aglio cinese viene importato in Italia a prezzi molto competitivi e ciò lo rende particolarmente redditizio per i commercianti. Ma è un prodotto che perde in breve tempo il suo aroma, ma ciò che preoccupa di più è che spesso i commercianti al minuto, contravvenendo alla legge, vendono come aglio “Made in Italy” i bulbi cinesi, traendo in inganno i consumatori e mettendo in difficoltà le nostre produzioni. Ma queste non sono le uniche ragioni per preferire l’aglio di casa nostra. Prediligere aglio italiano vuol dire sapere a che tipo di controlli è stato sottoposto il prodotto: la nostra normativa, infatti, vieta l’utilizzo di alcuni insetticidi, funghicidi, diserbanti e conservanti giudicati dannosi per la salute umana. In Cina, invece, non esistono gli stessi divieti e non si effettuano controlli sul prodotto uguali ai nostri.
Acquistando aglio italiano si beneficia inoltre del valore aggiunto dato dal poter scegliere fra diverse varietà. La nostra ricchezza di microclimi, infatti, ci permette di vantare un ventaglio produttivo ricco e vario. Ecco allora una selezione dei migliori agli italiani.
Aglio Resia
Appartiene alla tradizione del Friuli Venezia Giulia, dove si coltiva nel comune di Resia (Udine). Ha bulbi di piccole dimensioni, di colore rosato con odore e piccantezza molto accentuati. E’ valorizzato da un Presidio Slow Food.
Aglio bianco di Monticelli
Coltivato in provincia di Piacenza, ha “teste” compatte composte di 14/18 spicchi medio-grandi. Piuttosto piccante e adatto alla lunga conservazione, è in attesa del riconoscimento della DOP.
Aglio bianco di Vessalico
Nasce in Liguria nell’Alta Valle Arroscia, nel territorio del comune di Vessalico (Imperia). Ha bulbi color alabastro di dimensioni medio-grosse a forma compatta, con 6/8 spicchi. Si conserva a lungo. E’ l’ingrediente base della “Aggiàa”, salsa d’aglio locale. E’ una produzione di nicchia sostenuta da un Presidio Slow Food.
Aglio bianco Polesano
Si coltiva in Veneto nel Polesine (Rovigo), e si distingue per il colore brillante, la compattezza dei bulbi, la lunga conservabilità dopo l’essicazione. Ha un intenso aroma che mantiene nel tempo. E’ in attesa della DOP.
Aglio dell’Ufita
Matura in Campania, nella provincia di Avellino. Ha bulbi bianchi ricoperti di squame rosate, caratterizzati da un alto contenuto di oli essenziali, dunque dal sapore fortemente aromatico e pungente.
Aglio di Molino dei Torti
Coltivato in Piemonte, nel comune di Molino dei Torti (Alessandria) e limitrofi, ha grossi bulbi bianchi, piccanti, dal profumo gradevole, conferito dal terreno argilloso della zona. Si raccoglie tardivamente in luglio. E’ utilizzato anche fresco per le insalate. Prodotto da una decina di aziende, è anche protagonista della tradizionale sagra dell’aglio che si tiene ogni anno a fine agosto.
Aglio di Caraglio
Ha una grande digeribilità, sia grosso che piccolo, non ha l’anima. E’ un Presidio Slow Food.
Aglio di Voghiera
Con grossi spicchi bianco splendente, si produce in Emilia Romagna, in provincia di Ferrara, e si conserva a lungo. E’ utilizzato per insaporire la “Zia”, tipico salume ferrarese.E’ stata fatta richiesta della DOP.
Aglio Massese
Si coltiva in Toscana in provincia di Massa Carrara. Ha teste rotonde bianco sporco, con piccoli spichi dal sapore dolciastro. E’ intrecciato in forma particolare, il “forcone”. Le sue infiorescenze si utilizzano per preparare frittate. E’ prodotto da otto aziende che lo vendono ai privati.
Aglio rosso di Nubia
Cresce in Sicilia, a Nubia, nei comuni di Trapani, Erice, Marsala e Salemi. Ha teste bianche con 12 spicchi rivestiti di una tunica rosso vivo. Si raccoglie a mano nel pomeriggio oppure di notte per poerlo confezionare più agevolmente in trecce da 100 teste. E’ tutelato da un Presidio Slow Food.
Aglio rosso di Sulmona
Si coltiva da secoli nella Valle Peligna, in provinci di l’Aquila. Ha teste molto grandi di colore bianco porcellana con 9-12 spicchi rivestiti da una tunica rosso vino. Ha sapore e odore particolarmente intensi. E’ confezionato in trecce formate da 54 teste disposte su due file. I boccioli dei fiori sono usati per un consumo fresco oppure per la preparazione dei tipici “Crastatelli sott’olio”.