I grandi Gastronomi del passato

APICIO

Marco Gavio Apicio (25a.C. – 79 d.C.), fu il più famoso “chef” dell’antichità. Personaggio ambizioso ed esigente, rinnovò la cucina romana abbinando il dolce con il salato, usanza che arrivò fino al Medioevo. Questo maestro della cucina è l’autore del più straordinario ricettario dell’epoca romana, il “De Re Coquinaria”, un’opera che esprime una grande passione per il mangiar bene. Apicio, però, più che un cuoco era un ricco romano ed un brillantissimo gaudente. Il buon cibo era l’unica sua ragione di vita. Amava offrire fastosi banchetti preparando il meglio del meglio: se per esempio, nel suo menù proponeva le aragoste, usava addirittura allestire una nave per andarle a pescare lungo le coste libiche, dove si diceva fossero buonissime e molto grosse. In breve tempo il suo patrimonio si assottigliò e lui, in preda ad una depressione sempre più grave per il timore di fare bancarotta (aveva ancora dieci milioni di sesterzi, l’equivalente di venti milioni di euro), si suicidò alla fine del regno di Tiberio, bevendo una coppa di veleno.
Questo grande artista della cucina stravolse le tavole dell’antichità, gettando le basi di molte ricette e tendenze moderne. Ci lascia una raccolta di 468 sue ricette redatta tre secoli dopo da un altro cuoco romano. Rifare i suoi piatti è però molto difficile: come tutti i grandi cuochi ha descritto gli ingredienti ma non le dosi, spesso neppure alcune delle spezie da aggiungere come tocco particolare.
Plinio il Vecchio attribuì ad Apicio anche l’invenzione di cibarie per ingrossare il fegato di oche e maiali per ottenere il fois gras, il cui nome romano era “ficatum” da ficus, perchè le oche erano ingozzate ed ingrassate con i fichi.
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PLINIO IL VECCHIO

Plinio è stato testimone di una Roma che ha creato la prima grande cultura europea del cibo, che ha inventato la ristorazione veloce e che ha fatto fiorire la tradizione dei grandi cuochi, costruendo così le fondamenta della cucina italiana. Molti nostri piatti, specie i più poveri, sono tramandati proprio da Plinio il Vecchio, anche se con varianti diverse dovute al trascorrere dei secoli ed all’arrivo di nuovi ingredienti, specie dopo la scoperta dell’America. Figlio di Gaius Plinius Celer e Marcella, Gaius Plinius Secondus, meglio conosciuto come Plinio il Vecchio, nasce a Como nel 23 d.C. Giovanissimo intraprende la carriera militare in Germania, diventa scrittore e naturalista; nel 54 d.C. opera come avvocato, diventa prima procuratore e successivamente prefetto della flotta imperiale. A seguito di tutte le sue conoscenze acquisite nei viaggi e dopo anni di studio, nel 78 d.C.
porta a termine la sua “Naturalis Historia”, un’opera- capolavoro che esprime un’immensa cultura scientifica. Il suo grande sapere lo fece inoltre esperto botanico e zoologo, paleontologo e geologo, eccellente gastronomo, filosofo e scienziato. Morì a Stabia, in Campania, un anno dopo, mentre cercava di portare aiuto alle persone durante l’eruzione del Vesuvio.
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COLUMELLA

Lucio Giulio Columella, nato a Cadice da genitori romani nel IV secolo d.C e morto all’incirca nel 70, fu anch’esso avviato alla carriera militare divenendo tribuno in Siria ed in Cilicia. Si specializzò come fattore e come tecnico di Agricoltura Romana. Fu il più grande scrittore di agricoltura dell’epoca imperiale di Roma. Tra il 60 ed il 65 d.C scrive il “De re rustica”, un trattato sulla scienza di coltivazione delle piante, in particolare vite e olivo e la cura degli animali, dando un grande contributo alle scienze agrarie ed occupando così una posizione importante nella storia. Scrisse inoltre un breve trattato sugli alberi, il “De arboribus”. Lo si ricorda anche per essersi schierato apertamente contro l’uso dell’astrologia nelle scienze agronomiche ed, a tal proposito, scrisse un’opera, l’”Adversus astrologos”, dove, senza mezzi termini, definiva “sciocchezze” quanto veniva dichiarato dagli astrologi. Purtroppo questa singolare opera è andata persa e ne rimane solo menzione nel De re rustica.
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