Le origini di una bevuta

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Gli esseri umani hanno scoperto l’alcol almeno diecimila anni fa. La sua diffusione è stata favorita da precisi vantaggi evolutivi più che degli effetti inebrianti della sostanza. Anche se si è astemi non si può negare che agli esseri umani piace bere.

C’è stato un tempo in cui il lievito e l’alcol sono stati di grande aiuto agli esseri umani.
Non siamo l’unica specie che ama alzare il gomito. I moscerini della frutta consumano regolarmente frutta fermentata, apparentemente senza ripercussioni negative sulla loro facoltà. Altri animali non reggono altrettanto bene l’alcol. Il beccofrusone dei cedri è stato visto afflosciarsi tra i rami o andare a sbattere contro le case dopo aver consumato qualche bacca di agrifoglio di troppo tra quelle mature.

Esistono racconti terrificanti (anche se poco circostanziati) di elefanti ubriachi. Ci sono addirittura casi di creature che vanno a inebriarsi di proposito. La Tupaia, la parente più prossima dei primati, si mette ogni notte alla ricerca di un “vino” schiumoso prodotto dal lievito dei germogli di alcune palme.

Questi comportamenti vengono rintracciati fino alla comparsa dei frutti, 130 milioni di anni fa, quando nell’era cretacea si formarono le angiosperme. Con la disponibilità di una nuova fonte di cibo si è sviluppata una specie di funghi, e lieviti, conosciuti come saccaromiceti, che nutrendosi delle piante fiorite hanno acquisito una nuova capacità fisiologica. Invece di usare la loro energia per scindere completamente gli quantità di zuccheri è abbondante e l’ossigeno è scarso. La rottura parziale degli zuccheri pregiati significa che questi lieviti sono meno efficienti rispetto ai loro antenati, ma che hanno un grande vantaggio. L’etanolo, infatti, uccide quasi tutti i batteri, che si nutrono di frutta, perciò la produzione di alcol permette ai lieviti di eliminare la competizione.

Robert Dudley, dell’Università di Berkcley, in California, sostiene che i nostri antenati hanno cominciato a produrre alcol per assecondare la loro preferenza sensoriale, non diversamente da come oggi coltiviamo la canna e la barbabietola da zucchero per assecondare la nostra preferenza evolutiva per lo zucchero.

Don Levey, della National Science Foundation di Arlington, in Virginia, sostiene che I nostril antenati hanno cominciato ad apprezzare l’alcol solo dopo aver imparato a produrlo in proprio.

Agli albori dell’agricoltura, circa diecimila anni fa, alcune piccole comunità stanziali cominciarono a far fermentare cibi e bevande. In questo modo riuscivano a conservare quantità di grano in eccesso, in sostanza favorendo la produzione dei lieviti invece di batteri che rovinavano gli alimenti. La fermentazione era un modo per sterilizzare i liquidi, perché l’etanolo uccide non solo i batteri (compresi quelli che provocano il colera) ma anche altri agenti patogeni. Le bevande fermentate avevano il vantaggio di essere sia nutrienti sia potabili: non del tutto salutari, ma erano sempre meglio di quelle non fermentate. Per metabolizzare l’etanolo servono due enzimi: l’alcol deidrogenasi, che trasforma l’etanolo in acetaldeide,e l’aldeide deidrogenasi, che converte l’acetaldeide in acido carbossilico.

Questa collaborazione tra enzimi esiste in quasi tutti gli organismi, compresi molti batteri, ma in alcune popolazioni dell’Asia orientale, tra cui gran parte dei cinesi e dei giapponesi, il gene dell’aldeide deidrogenasi è “rotto”. Quando i portatori di questo gene rotto consumano alcol, l’ubriachezza arriva prima, il viso si arrossa, le palpitazioni aumentano e subentra un senso di nausea. A livello geografico e temporale questa mutazione genetica è andata di pari passo con la diffusione della coltura del riso e del vino di riso, riconducibile a un’epoca compresa tra i settemila e diecimila anni fa. Secondo i ricercatori si sarebbe sviluppata per un motivo preciso, tanto che una volta emersa si è poi diffusa in modo insolitamente rapido.

Le popolazioni dell’Asia orientale, sostiene la teoria, pativano a tal punto le conseguenze negative dell’alcol che gli individui fisiologicamente portati a non eccedere nel consumo avevano maggiori possibilità di sopravvivere. Da questo punto di vista la variazione” morigerata” del gene sarebbe stata favorita sia dalla selezione naturale sia da quella sessuale, ammesso che un ubriaco “rubizzo” abbia meno probabilità di avere un partner.

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Secondo la maggioranza degli antropologi, si sarebbe imparato a produrre alcol arrivandoci per caso, scoprendo che il grano e l’orzo conservati nei magazzini venivano contaminati dai saccaromiceti. Ma c’è un’altra possibilità, più affascinante. L’antropologo Solomon Katz, dell’Università della Pennsylvania a Filadelphia, ritiene che la fermentazione sia arrivata per prima, dando ai nostri antenati un forte incentivo a coltivare il grano per preparare bevande alcoliche. Il caso vuole che il più antico contenitore per la raccolta dell’alcol ritrovato finora, risalente a settemila anni fa, sia contemporaneo o addirittura antecedente alle prime tracce di attività agricola in Cina, dove, è stato scoperto.

Dopo il XIV secolo, con il passare degli anni, nel Regno Unito e non solo, i birrai hanno cominciato a usare un tecnologia completamente diversa di lieviti, i brettanomiceti, che hanno la capacità di produrre alcol indipendentemente dai saccaromiceti, da cui si sono separati duecento milioni di anni fa. I brettanomiceti sono usati nella produzione di varie birre speciali e danno alla bevanda un insolito sapore amarognolo e pungente.

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L’alcol produce effettivamente sensazioni piacevoli, indiscutibile, attraverso la capacità di collegarsi ai recettori Gaba nel cervello. Normalmente questi recettori riducono l’ attività dei neuroni su cui sono posizionati. Ma quando si legano all’alcol, l’attività che fino a quel momento è stata tenuta a freno si sprigiona provocando un rilassamento del corpo e delle inibizioni. Grazie a questo concetto sono stati concepiti tanti bambini, sono nate innumerevoli amicizie e si sono consumate infinite riconciliazioni. Ma l’etanolo ci rende anche scoordinati, barcollanti, incoscienti e aggressivi. E’ causa di incidenti, risse e perfino guerre.

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