I Vini Italiani
I VINI ITALIANI
Un po’ di storia
In base alle scoperte fatte da botanici e archeologi, i vini europei sono originari della regione Transcaucasica indo-europea (attuale Azerbaijan, Georgia e Armenia), dove ci sono tracce che il vino veniva prodotto fin da ottomila anni fa. Le origini della “Vitis Vinifera”, la vite che produce vino della famiglia “Vitis”, è molto vecchia: esistono fossili con l’impronta di foglie di vite vecchi di sessanta milioni di anni e sono stati rinvenuti semi, spore e foglie di vecchie specie di questa pianta in sedimenti risalenti al Terziario e Quaternario.
La vite è riuscita a sopravvivere durante le due Ere Glaciali in diverse aree protette, in particolare in Nord Africa, Spagna, Italia, Grecia, nei Balcani e, come già detto, nella regione Transcaucasica.
In origine la vite era un rampicante che cresceva su piante decidue fino ad altezze dai dieci ai venti metri. Nel mondo ci sono più di sessanta specie di “Vitis”, solo una delle quali, la “Vitis Vinifera”, viene usata per fare vini di qualità.
La viticoltura moderna iniziò con la coltivazione e la riproduzione delle viti. Le nuove piante venivano lasciate in cespugli oppure fatte crescere lungo supporti naturali.
Mille anni dopo, la viticoltura giunse in Egitto, da dove passò in Grecia, probabilmente grazie ai Fenici. A loro volta gli Etruschi la portarono in Italia, circa tremila anni fa. La diffusione dei vigneti in tutta Europa si deve ai Romani, le cui legioni li piantavano ovunque marciassero, in modo da poter sempre contare sulla divina bevanda di Bacco, il dio del vino.
“E DOVE NON E’ VINO NON E’ AMORE,
NE’ ALCUN ALTRO DILETTO HANNO I MORTALI
(Euripide – “Le Baccanti”)
Il vino è passione
Lo è da quando l’uomo, assaggiando il succo fermentato dell’uva, ha provato il piacere e l’ebrezza e se ne è innamorato. La passione per il vino, per la cultura ad esso legata, per i territori dove nascono le bottiglie è oggi più forte che mai. L’uomo si è liberato dal “bisogno” del vino; non si beve più per affrontare una lunga giornata utilizzando un paio di bicchieri come alimento aggiuntivo, oggi si beve con la piacevolezza del naso, del gusto e della conoscenza. Anche per questo i vini moderni sono infinitamente migliori di quelli di qualche decina d’anni fa.
Gli Spumanti italiani
Gli spumanti di qualità, così come li conosciamo oggi, sono nati in Francia, alla fine del 1600, nella regione dello Champagne.
La leggenda vuole che lo Champagne, il progenitore delle bollicine di qualità così apprezzate ai giorni nostri, sia stato inventato nel XVII secolo da Don Pierre Pérignon, economo dell’abbazia benedettina di Hautevillers. La realtà storica, però, spesso non coincide. Nel “De salubri potu dissertatio” del XIV secolo, opera del benedettino Don Francesco Scacchi di Fabriano, si parla infatti già di spumante e spumantizzazione, che anticipa quanto verrà realizzato qualche secolo dopo.
Il Metodo Martinotti o Charmat
Questo metodo fu inventato da Federico Martinotti nel 1895 e successivamente adottato da Eugène Charmat intorno al 1910. Si tratta di un metodo di rifermentazione in grandi recipienti a tenuta stagna detto “in autoclave”.
La produzione dello spumante mediante questo metodo, più facile rispetto al metodo classico, ha costi decisamente minori, ma non mancano certo grandissime espressioni qualitative
Il Metodo Classico o Tradizionale
Il metodo classico, diffuso nella regione dello Champagne, in Francia, fin dal ’6oo, prevede che la rifermentazione e tutto il processo avvengano in bottiglia. Il risultato è un vino complesso, dalla bollicina fine e persistente dovuta alla lunga permanenza in bottiglia.
Spumanti gassificati
Gli spumanti gassificati sono vini a cui viene aggiunta l’anidride carbonica, nello stesso modo delle altre bevande gassate.
“BOLLICINE, DISPENSATRICI DI OBLIO ED ALLEGRIA
CONTRO LE FATICHE QUOTIDIANE”
( Don Perignon)
TRENTO DOC METODO CLASSICO
E’ uno dei capolavori della spumantistica italiana. Il primo spumante trentino vinificato con il metodo tradizionale è opera di Giulio Ferrari, fondatore dell’omonima cantina nel 1902. Il sistema era ancora quello per lo Champagne francese ma la denominazione allo spumante arriva solo nel 1993.
Uvaggio: Chardonnay e/o Pinot Bianco e/o Pinot Nero
Area geografica: ben 58 comuni in provincia di Trento
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Colore: giallo paglierino con perlage finissimo
Profumo: fine, aromatico, con sentore di frutta e fiori bianchi
Sapore: fresco, morbido, giustamente sapido
Come servirlo: molto fresco, a 6-7°C
FRANCIACORTA
La zona di produzione di questo vino era un tempo una vasta proprietà monastica e poiché, come tale, era esente da tasse ed imposte, le venne il nome di “Franca Curte” da cui deriva l’odierno Franciacorta.
In epoche molto remote questa terra era abitata dai Celti; sopravvennero i Romani e vi portarono l’agricoltura e la viticoltura.
Nel Cinquecento, Andrea Bacci, che fu medico di Sisto V, scriveva che nella zona di Franciacorta si trovava un vino gradevole e potente di cui erano gran consumatori i tedeschi.
Uvaggio: Pinot Bianco e/o Chardonnay, ammessi Pinot Grigio e Pinot Nero (max 15%)
Area geografica: diversi comuni della Franciacorta, in provincia di Brescia, tra il capoluogo di
provincia ed il Lago d’Iseo, in Lombardia.
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Colore: giallo paglierino con perlage finissimo e colore cristallino.
Profumo: fine, con sentore di lieviti, crosta di pane e fiori bianchi.
Sapore: armonico, equilibrato e fragrante.
Come servirlo: alla temperatura di 8-10°C.
PROSECCO DI VALDOBBIADENE
La Marca Trevigiana era il giardino dei patrizi veneziani che andavano a trascorrervi le vacanze. Il vino che vi si trovava era sempre abbondante e pregiato, tanto che il commercio con le nazioni nordiche costituiva la maggior fonte di reddito per gli abitanti.
Il Prosecco è una varietà d’uva ben precisa, un vitigno autoctono, diffuso principalmente in Veneto, nelle colline tra Conegliano e Valdobbiadene.
La prima selezione del vitigno fu fatta dal conte Balbi Valier nel 1850, mentre il moderno prosecco è il frutto di una ricerca fatta dal monaco Carpené, della Società Enologica di Conegliano, nel 1868.
Il Prosecco Superiore di Cartizze prende il nome da un’ omonima area del comune di Valdobbiadene.
Uvaggio: Prosecco (minimo 85%)
Area Geografica: le colline tra Conegliano e Valdobbiadene. Per quanto riguarda il Cartizze, questo, prende il nome da una zona omonima: una piccola area di 106 ettari vitati, compresa tra le colline più scoscese di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, nel comune di Valdobbiadene in provincia di Treviso.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: giallo paglierino, cristallino.
Profumo: invitante ed ampio con sentori di mela, pera, albicocca ed un retrogusto gradevole di
mandorle glassate.
Sapore: piacevolmente rotondo al palato, con una morbida sapidità.
Come servirlo: molto fresco, a 6-8°C.
MOSCATO D’ASTI
Il vitigno è antico, tanto che se ne trova menzione negli atti di compravendita di vigne e poderi negli statuti del comune di Canelli del XII secolo.
Il dolce moscato ebbe nei secoli fedelissimi ammiratori. Il bottigliere di Papa Paolo III Farnese, pubblicò nel 1549 un libro sui vini preferiti dal suo signore, tra i quali il Moscato, del quale ogni anno si riforniva direttamente dal Piemonte.
I signori del Monferrato proclamavano bandi severi con la proibizione di vendere vino finchè i loro agenti non avessero scelto il prodotto migliore.
Uvaggio: Moscato Bianco (100%)
Area geografica: viene prodotto in una vasta area compresa tra le provincie di Alessandria, Asti e
Cuneo. I comuni di produzione più importanti sono Acqui Terme, Canelli,
Neviglie, Santo Stefano Belbo, Cossano Belbo, Mombaruzzo, Castiglione
Tinella, Neive, Serralunga d’Alba e Strevi. I terreni sono antichissimi,
del Miocene, di composizione arenacea prevalente.
Gradazione alcolica minima: (11% vol. di cui l’alcol svolto deve essere compreso tra 4,4 e 6,5).
Colore: dal paglierino al dorato non intenso, limpido.
Profumo: intenso di uve Moscato, spiccato, delicato.
Sapore: delicatamente dolce, equilibrato, aromatico ed elegante.
Come servirlo: a 9 – 11°C.
VINI BIANCHI
SE DIO AVESSE PROIBITO IL VINO,
PERCHE’ MAI L’AVREBBE FATTO COSI’ BUONO
(Cardinal Richelieu)
COLLI ORIENTALI DEL FRIULI RIBOLLA GIALLA
Proviene da due aree ben delimitate, comprese nella zona collinare che si estende ad oriente del fiume Judrio e si spinge fino al confine di Stato, in provincia di Gorizia. Questo vitigno è di antica origine friulana: Francesco da Manzano infatti, nei suoi “Annali del Friuli”, riporta che tra i vini della regione, apprezzati nel XII secolo ed esportati in Austria e in Germania, figura un Ribolla, allora conosciuto come Raibola o Rabiola. Il morbido vino di Ribolla era molto gradito anche ai Carinziani ed agli Sloveni. Si racconta che castellani e parroci di quelle contrade avevano sempre una botte di Ribolla per le feste di famiglia o per fare bella figura con ospiti di riguardo.
Uvaggio: Ribolla Gialla (minimo 85%), altre uve bianche locali (max.15%).
Area geografica: Colli Orientalli del Friuli.
Gradazione alcolica minima: 11% vol.
Colore: giallo paglierino più o meno intenso.
Profumo: vinoso.
Sapore: asciutto, vivace, fresco.
Come servirlo: a 9 – 12°C.
BACCHUS AMAT COLLES
(Detto del giorno)
PINOT GRIGIO DEL COLLIO (venezia Giulia)
Le zone di produzione sono le colline del Collio Goriziano o Collio, ad ovest di Gorizia, tra i fiumi Isonzo e Judrio.
Il Pinot Grigio è un vino superbo per il suo buon profumo e l’eccellente qualità ed è un vino da intenditori.
Lo si può trovare in molte cantine, lungo le ombrose strade che da Gorizia, un tempo appartenente ai patriarchi di Aquileia, attraversando Lecinino, Mossa, Capriva arrivano a Cormons: una meravigliosa catena di alture che era, un tempo, tutta una cortina di castelli romani e vedette di confine che, da Cividale del Friuli a Trieste, erano in comunicazione tra loro e Aquileia.
La coltivazione della vite in questo territorio ha una storia che copre più di venti secoli; era già documentata dai testi risalenti ai romani, ma affonda le sue radici ancor prima, probabilmente all’epoca dei Celti. Durante il periodo di dominazione Longobarda, risulta che i coltivatori dell’epoca si impegnavano a dare ogni anno cento anfore di vino alle suore del monastero di Salt di Povoletto (dal “Pactum donationis” del 762 d.C.).
Uvaggio: Pinot Grigio (100%).
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Invecchiamento: il Riserva è sottoposto a 2 anni di invecchiamento obbligatorio.
Colore: giallo paglierino più o meno intenso.
Profumo: delicato.
Sapore: asciutto e armonico.
Come servirlo: 10 – 13°C.
ALTO ADIGE GEWURZTRAMINER
Il Traminer è un vitigno originario di Tramin, Termeno, in Alto Adige, o comunque qui trapiantato perchè, per conformazione territoriale, la zona era, ed è, particolarmente vocata ad accoglierlo.
Di questo affascinante vitigno ne esistono due specie: Il Traminer, che viene coltivato solo al nord perchè non gradisce le alte temperature estive e gli ambienti umidi e il Gewurztraminer, o Traminer aromatico, ricchissimo di aromi, sentori e profumi, molto conosciuto sia nelle produzioni altoatesine, sia in quelle d’Oltralpe, austriache e alsaziane.
Uvaggio: Gewurztraminer (minimo 95%)
Area geografica: tutto il territorio vitivinicolo della Provincia Autonoma di Bolzano.
Gradazione alcolica minima: 11,5%vol.
Colore: giallo paglierino con riflessi dorati.
Profumo: spiccatamente aromatico. Con sentori di fiori bianchi e spezie.
Sapore: morbido, con grande equilibrio tra sapidità e freschezza.
Come servirlo: alla temperatura di 12°C.
LUGANA
Il Lugana era considerato un vino eccellente, chiamato vino regale fin dal tempo del re goto Teodato, che se lo faceva arrivare a Roma per rallegrare i suoi banchetti.
Trebbiano di Soave detto anche Trebbiano Veronese o di Lugana. La zona in cui viene coltivato questo vitigno è sulla sponda del Lago di Garda, nelle colline degradanti verso il lago.
Uvaggio: Trebbiano di Lugana (100%).
Area geografica: la parte meridionale del Lago di Garda tra la provincia di Brescia e quella di
Verona.
Gradazione alcolica minima: 11,5%vol.
Colore: giallo paglierino con riflessi verdognoli
Profumo: delicato, gradevole e fine, caratteristico del vitigno con sentori di fiori bianchi di acacia.
Sapore: fresco, morbido, armonico al palato.
Come servirlo: fresco, a 8-10°C.
GAVI
Gavi o Cortese di Gavi. La zona di coltura , in provincia di Alessandria, è una regioni di colli e montagne intersecate da valli, chiusa tra i fiumi Bormida e Scrivia e serrata alle spalle dai contrafforti dell’Appennino Ligure.
L’uva Cortese, o “Curteisa”, o “Courteis”, ha “grappoli alquanto lunghetti, acini piuttosto grossi, fa buon vino”. E’ questa la descrizione che si legge nel Calendario Georgico del 1798, uno dei più antichi censimenti delle uve del Piemonte.
Uvaggio: Cortese (100%).
Area geografica: viene prodotto in dieci comuni, Gavi compreso, in provincia di Alessandria.
In particolare tra i comuni interessati alla produzione di questo vino ci sono
Novi Ligure e Serravalle Scrivia.
Gradazione alcolica minima: 10,5% vol.
Colore: paglierino più o meno intenso.
Profumo: delicato, con sentore di fieno fresco.
Sapore: asciutto, gradevole, fresco e armonico.
Come servirlo: 10 – 11°C.
PIGATO
Questo splendido vino bianco di Liguria è stato definito da Luigi Veronelli “il sole che si fa vino”.
Il vitigno Pigato è di origine medio-orientale; fa parte delle cosiddette uve greche citate e apprezzate da Varrone, Plinio e Catone, grandi intenditori di vini. In Liguria, l’uva Pigato è giunta intorno al XVII secolo. Fu il parroco di Campochiesa di Albenga, don Michele della Torre, a catalogarlo e descriverlo nel 1635. Secondo la versione più accreditata, il nome Pigato deriva dalle caratteristiche macchie scure che compaiono sull’acino al momento della maturazione che, in gergo locale, sono dette “pighe”.
Uvaggio: Pigato (minimo 95%) ed eventuale aggiunta di altre uve bianche locali.
Area geografica: vino prodotto in un’ampia area compresa nelle provincie di Savona e Imperia, in
particolare i comuni di Ranzo, Ortovero, Vendone, Bastia e Salea.
Gradazione alcolica minima: 11% vol.
Colore: giallo paglierino più o meno intenso.
Profumo: ricco e avvolgente.
Sapore: secco, intenso e pieno di corpo.
Come servirlo: a 10 – 12°C.
VERMENTINO (Riviera Ligure di Ponente)
Questo vitigno fu importato nel 1390 dagli spagnoli e si diffuse prima in Corsica e in Sardegna, successivamente in Liguria.
E’ un vino che piacque molto al poeta Ugo Foscolo e si racconta che il poeta, benchè addolorato per l’esilio da Venezia, non disdegnasse incontri galanti e soste prolungate all’osteria del Menichin a Pietra Ligure, dove gustava volentieri qualche “gotto” di Vermentino.
Uvaggio: Vermentino minimo 95%
Area geografica: comuni della parte occidentale della Liguria, fino ai confini con la Francia , nelle
provincie di Imperia, Savona e parte di quella di Genova.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: giallo paglierino.
Profumo: delicato, caratteristico e ricco.
Sapore: asciutto, fresco, armonico, delicatamente fruttato.
Come servirlo: fresco, a 8°C
CINQUETERRE DOC
Il territorio costiero delle Cinque Terre è considerato uno dei più suggestivi d’Italia. Qui, la coltivazione della vite ha origini antichissime, risalenti al IV millennio a.C. In questa parte della Liguria la produzione di vino è sinonimo di fatica e sudore. Infatti, l’uomo è riuscito a coltivare la vite creando dei terrazzamenti (i famosi muretti a secco) che calano verso il mare con forti pendenze, ottenendo un vino che, a ragione, gli abitanti del luogo definiscono “ o gianco megio do mondo”( il bianco migliore del mondo). Il Petrarca, nel poema Africa, narra del vino di Monterosso: “Da qui vigneti inclinati dall’occhio benevolo del sole e dilettissimi a Bacco si affacciano su Monte Rosso e sui gioghi di Corniglia, ovunque celebrati per il loro dolce vino”.
Uvaggio: uve Bosco (minimo 40%), uve Albarola e/o Vermentino (max 40%), nonché di altre a
bacca bianca della zona.
Area geografica: la meravigliosa fascia collinare compresa nei comuni di Riomaggiore, Vernazza,
e Monterosso.
Gradazione alcolica minima: 11%vol. Se prodotto esclusivamente con uve provenienti da aree
ben delimitate, individuate all’interno del territorio di Riomaggiore,
può fare riferimento alle 3 sottozone “Costa de Sera”, “Costa de
Campu” e “Costa da Posa”, tutte con gradazione minima di
11,5%vol.
Colore: giallo paglierino più o meno carico, vivo.
Profumo: intenso, netto, fine e persistente.
Sapore: secco, gradevole e sapido.
Come servirlo: a 10 – 12°C.
VERNACCIA DI SAN GIMINIANO
Arrivò forse dalla Liguria il vitigno della Vernaccia di San Giminiano, intorno al 1200. Da subito ebbe grande successo e fama, inalterati anche nei secoli successivi. Il suo nome deriva dal latino “vernaculus” che significa “del posto”.
La Vernaccia di San Giminiano fu persino immortalata da Dante Alighieri nella “Divina Commedia”, dove trova posto nel purgatorio e dove Papa Martino IV sta espiando il suo vizio della gola (e della Vernaccia).
Uvaggio: Vernaccia di San Giminiano (minimo 90%).
Area geografica: territorio collinare del comune di San Giminiano in provincia di Siena.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: giallo paglierino intenso.
Profumo: intenso con note fruttate, spezie e minerali.
Sapore: caldo, tendente al morbido, avvolgente, asciutto.
Come servirla: alla temperatura di 10°C.
VERDICCHIO DEI CASTELLI DI JESI
E’ originario dei Castelli di Jesi, nelle Marche, cinque località nel circondario della cittadina; tutte caratterizzate da ruderi di vecchi castelli. La tradizione vuole che uno di essi, Cupramontana, abbia tratto il nome dalla dea Cupra, distributrice di beni e ricchezze. Nei riti in onore della dea, il vino era un elemento propiziatore. Il Verdicchio piacque ai Romani che sottomisero quella regione e lo definirono “gradevole come la razza che abita la sua terra”. Dopo la caduta dell’Impero Romano le Marche vennero invase dai Barbari. Afferma uno storico del tempo che Alarico, re dei Visigoti, partendo da quelle terre per la conquista di Roma, avesse portato con sè quaranta some di barili: “nulla a se stimando recar sanitade et bellico vigore del menzionato “Verdicchio”.
Uvaggio: Verdicchio (minimo 85%), Malvasia Toscana e Trebbianotoscano (max. 15%).
Area geografica: diversi comuni della provincia di Ancona, lungo il medio tratto del fiume Esino.
Gradazione alcolica minima: 11,5%vol.
Colore: giallo paglierino più o meno intenso.
Profumo: intenso e accattivante, con sentori di mela Renetta e fieno.
Sapore: pieno, strutturato, morbido e fresco.
Come servirlo: a 8-10°C.
FRASCATI
Bevuto dai nobili, il Frascati è storicamente il vino di Roma.
In epoca romana Catone il censore, fu il primo a codificare le norme di vinificazione nel “De Agricoltura”. Nel Cinquecento Papa Paolo III Farnese lo giudica meglio dei vini francesi che mette al bando dalla mensa pontificia perchè danno alla testa.
Uvaggio: Malvasia Bianca di Candia e/o Trebbiano Toscano (70%), Malvasia del Lazio e/o Greco
(30%).
Area geografica: alcuni comuni intorno a Frascati, tutti in provincia di Roma.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: giallo dorato intenso.
Profumo: ricco, persistente e fine, con sentori di frutta esotica e agrumi.
Sapore: intenso, morbido, caratterizzato da una vena acida molto molto equilibrata.
Come servirlo: a 8/10°C.
DATE VINO A CHI HA L’ANIMO AMARO
PERCHE’ NON SI RICORDI PIU’ DEL SUO DOLORE
(Dalla Bibbia)
FIANO DI AVELLINO
E’ un vino di grande importanza per l’enologia italiana. Il Fiano veniva molto apprezzato anche in passato e tutti coloro che lo assaggiarono, da Carlo d’Angiò a Sante Lancerio (vinaiolo del Papa), da Charles Bade a Veronelli, tutti ne riferirono con entusiasmo. Il suo nome deriva probabilmente dal vitigno che in origine fu definito “Vitis Apiana” perchè delle sue uve, di soave dolcezza, erano particolarmente golose le api, come ricorda Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”, documento prezioso sulla scienza del mondo antico.
Uvaggio: Fiano (minimo 85%)
Area geografica: numerosi comuni posti nella fascia collinare della provincia di Avellino, in
Campania.
Gradazione alcolica minima: 11,5vol.
Colore: giallo paglierino brillante.
Profumo: fine e delicato, con sentori di fiori bianchi e frutta secca come la nocciola.
Sapore: pieno al palato, asciutto, equilibrato e abbastanza persistente.
Come servirlo: fresco ma non freddissimo, si serve a circa 10°C.
ASPRINO D’AVERSA
Così descrive l’ambiente Mario Soldati nel suo “Vino al vino”: incanto delle vigne, così drappeggiate a lunghi, altissimi e folti festoni da un pioppo all’altro! Immense pareti di uva, tese verticalmente (vigne ad alberata), che il sole attraversandole trasforma in vasti arazzi luminosi, dai meravigliosi frastagli indecifrabili.
L’Asprino ha alle spalle una storia millenaria: sarebbe stato il francese Roberto D’Angiò, nel medioevo, a promuoverlo incrementando i vitigni nell’agro-aversano.
Con questo vitigno, coltivato solo nella zona aversana, si ottiene un vino “allegro, leggero, brioso”, ma anche uno spumante eccezionalmente buono ed elegante. Molto ricercato per la sua naturale freschezza.
Uvaggio: Asprino (minimo 85%), altre uve bianche locali, non aromatiche (max.15%).
Area geografica: viene prodotto in un territorio che comprende 19 comuni della provincia di
Caserta (Aversa, Carinaro, Casal di Principe, Casaluce, Casapesenna, Cesa,
Frignano, Gricignano, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Cipriano di Aversa,
San Marcellino, Sant’Arpino, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Villa di
Briano e Villa Literno.
Gradazione alcolica minima: 10,5% vol.
Colore: giallo paglierino più o meno intenso.
Profumo: intenso e fruttato.
Sapore: fresco e secco.
Come servirlo: a 9 – 12°C. Lo Spumante a 6 – 8°C.
GRECO DI TUFO
Il Greco è uno dei più antichi vitigni italici. Fu importato dall’antico popolo dei Pelasgi, una tribù della mitica Tessaglia, citato da Omero. Di questo vitigno parlano i Georgici Latini, ed è inoltre presente in un affresco a Pompei che risale ad un secolo avanti Cristo. Ha per sinonimi il Greco del Vesuvio e il Greco della Torre, ma non vi è dubbio che ottenga i risultati migliori nell’agro di Avellino. E’ un vino dalla tipicità ineguagliabile, oggi affermato in tutto il mondo.
Uvaggio: Greco (minimo 85%), più eventuale aggiunta di Coda di Volpe bianca.
Area geografica: viene prodotto in un territorio che comprende i comuni di Tufo, Santa Paolina,
Prata di Principato Ultra, Montefusco, Altavilla Irpina, Chianche, Petruro Irpino
e Torrioni, tutti in provincia di Avellino.
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Colore: giallo paglierino più o meno carico (con riflessi verdognoli o dorati lo Spumante.
Profumo: intenso, fine e gradevole (con delicato sentore di lievito lo Spumante).
Sapore: secco e armonico (sapido lo Spumante, con spuma fine e persistente).
Come servirlo: a 10 – 12°C. A 6 – 8°C. Lo Spumante.
ALCAMO BIANCO
Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III, in una lettera databile intorno al 1590 ed indirizzata al Cardinale Guido Ascanio Sforza, così parla di questo vino siciliano: “Ne vengano di più sorti e da più luoghi di detta isola, bianchi e rossi, ma generalmente più bianchi che rossi. Li bianchi hanno un colore bellissimo e sapore graditissimo”.
Uvaggio: Catarratto (minimo60%), Ansonica o Inzolia e/o Grillo e/o Grecanico e/o Chardonnay
e/o Muller Thurgau e/o Sauvignon (max. 40%), più eventuale aggiunta di uve bianche
locali (max. 20%).
Area geografica: viene prodotto nel territorio di 10 comuni, tra cui Alcamo, Calatafimi e Monreale,
nelle provincie di Trapani e Palermo.
Gradazione alcolica minima: 11% vol.
Colore: giallo paglierino più o meno intenso, talvolta con rilfessi verdolini.
Profumo: vinoso, intenso, fruttato e armonico.
Sapore: asciutto, fresco ed equilibrato.
Come servirlo: 10 – 12°C.
VINI ROSSI
COLLI ORIENTALI DEL FRIULI DOC REFOSCO DAL PEDUNCOLO ROSSO
Canto istriano
Refosco e la Ribola
che i meti el bon umor,
che i dà vigor al sangue
e al viso el bel color:
e i fa più ciaro l’ocio
e i fa più s’ceto al cuor
Giovanni Barsani
Plinio, nella sua Naturalis Historia, loda il pucinum, vino notissimo in epoca romana del quale “se ne matura tanto che basta solo per poche anfore. Si crede non ve ne sia di più adatto ad uso medicinale”. L’imperatrice Livia, moglie di Augusto, non ne beveva altro, col risultato di arrivare fino a ottantun anni in ottima salute, primato invidiabile ai tempi dell’Impero.
Il Refosco dal Peduncolo Rosso è un vino piacevole e autentico. Questo insolito vitigno è chiamato “Mondeuse” in Savoia, qui dà vita ad un vino rosso, intenso e un po’ tannico.
Uvaggio: Refosco dal Peduncolo Rosso (85 – 100%), eventuali altre uve rosse locali (max. 15%).
Area geografica: Colli Orientali del Friuli.
Gradazione alcolica minima: 12% vol.
Invecchiamento: invecchiamento obbligatorio di circa 3 anni, prolungabile fino a 6 – 7 anni.
Colore: rosso rubino intenso, col tempo tendente al granato con sfumature violacee.
Profumo: vinoso, con lievi sentori di spezie e piccoli frutti.
Sapore: pieno, caldo, asciutto, più o meno amarognolo.
Come servirlo: a 18 – 20°C.
AMARONE DELLA VALPOLICELLA
Prende il nome dall’omonima valle a nord di Verona, un nome antico che significa, forse, “Valle dalle molte celle” e fa supporre che già ai tempi dei Romani vi fossero delle cantine piene di vino. La tradizione lo vorrebbe il vino preferito da re Teodorico, anche perchè i documenti del IX secolo parlano della Valpolicella produttrice di ottimi vini.
Hemingway, nel romanzo “Al di là del fiume, tra gli alberi”, parla del Valpolicella con affetto e lo definisce “ secco, rosso e cordiale come la casa di un fratello”.
Uvaggio: Corvina Veronese (40-70%), Rondinella (20-40%) e Molinara (5-25%), possono
concorrere anche uve provenienti da altri vitigni (max. 15%).
Area geografica: numerosi comuni della provincia di Verona, della Valpolicella e delle valli
limitrofe.
Gradazione alcolica minima: 11°vol.
Colore: rosso rubino intenso, limpido e consistente.
Profumo: complesso, con sentori di frutta matura e confettura.
Sapore: abbastanza tannico, fresco, morbido al palato.
Come servirlo: a 16-18°C-
MARZEMINO DEL TRENTINO
E’ un vitigno di origine antichissima, la cui provenienza è attribuita a Merzifon, città dell’antica Paflagonia, una regione sul Mar Nero. La leggenda narra che questo vitigno fosse al seguito degli eroi troiani i quali, dopo la caduta della città, presero il mare. Durante il loro navigare vennero in contatto con la Marina di Venezia. Grazie a questo incontro, fu proprio sotto il mantello di Venezia che questo vitigno arrivò in Val Lagarina, in provincia di Trento.
Si sa da certe “istruzioni”, ad uso dei delegati veneti in partenza per la corte del re di Polonia, che la nobile famiglia Tiepolo di Venezia regalava ogni anno vini preziosissimi di Vicenza che si chiamavano “Marzemini”. Uno scrittore del Cinquecento lo raccomandava ai suoi contemporanei come degno della massima considerazione e perfino Mozart nel “Don Giovanni” loda “l’eccellente Marzemino” che egli apprezzava e che al suo tempo era ampiamente commerciato in Germania.
Uvaggio: Marzemino (minimo 85%).
Area geografica: le colline d’Isera in Val Lagarina e tutta la parte della provincia di Trento a
vocazione viticola.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: rosso rubino limpido.
Profumo: caratteristico del vitigno, intenso e persistente, con sentori di petali di viola.
Sapore: secco, persistente, gradevolmente speziato e morbido al palato.
Come servirlo: a temperatura di cantina, intorno ai 16°C.
VALTELLINA SUPERIORE DOC SASSELLA
Uno dei migliori vini della Valtellina, lodato da Virgilio e Plinio, preferito da Cesare e Augusto.
Nei suoi appunti di viaggio Leonardo da Vinci diceva del Sassella: “Credo fermamente che egli sia il miglior vino che al mondo si beva”.
Uvaggio: Nebbiolo (minimo 90%).
Area geografica: Valtellina, in provincia di Sondrio.
Gradazione alcolica minima: 12%vol.
Colore: rosso granato intenso e consistente.
Profumo: complesso, fine e persistente, con sentori d’erbe aromatiche, confettura di prugne e note
speziate.
Sapore: intenso e persistente, avvolgente e morbido al palato.
Come servirlo: a 18-20°C.
L’ACQUA E’ FATTA PER I BIRBANTI,
IL DILUVIO LO PROVO’
(Proverbio di origine francese)
VALLE D’AOSTA PETIT ROUGE
Tipico della Valle d’Aosta, coltivato fino a ottocento metri di altitudine, questo vitigno a bacca rossa che dà origine a vini strutturati come “L’Enfer d’Arvier” e il “Torrette”, è, insieme al “Prié Blanc”, il simbolo di una viticoltura eroica che sfida le altezze e le temperature rigide di un clima montano e continentale.
Uvaggio: uve Petit Rouge (minmo 85%), eventuale aggiunta di altre uve a bacca rossa della zona.
Area geografica: Valle d’Aosta.
Gradazione alcolica minima: 11% vol.
Colore: rosso rubino vivace.
Profumo: intenso, di rosa selvatica e viola.
Sapore: vellutato e abbastanza corposo.
Come servirlo: a 18 – 20°C.
OLTREPO’ PAVESE BONARDA
La Bonarda viene considerata la punta di diamante dell’enologia pavese e forse è il vino che piace di più agli intenditori. La Bonarda, al femminile come la Barbera, è sempre stata prodotta nell’Oltrepò Pavese ma per molto tempo è stata vinificata ottenendone un vino secco e spesso invecchiato nel legno. Poi, negli anni Settanta, i viticoltori dell’Oltrepò, anche grazie all’utilizzo di nuovi cloni del vitigno Croatina, iniziarono a produrre la Bonarda vivace e briosa.
Uvaggio: Croatina (minimo 85%), Barbera, Ughetta, Uvarara da soli o insieme (max 15%).
Area geografica: la zona collinare dell’Oltrepò Pavese che comprende numerosi comuni, tutti in provincia di Pavia.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: rosso rubino intenso.
Profumo: intenso, gradevole e con sentori di frutta rossa.
Sapore: caldo, morbido, con tannini piacevoli.
Come servirlo: a temperatura di cantina, 14-16°C.
BARBERA
Anticamente il popolo diceva: due dita di Barbera prima del pasto levano uno scudo al medico; Carducci gli dedicò questi versi: “ generosa Barbera bevendola ci pare d’esser soli in mare sfidanti una bufera”. E’ un vino prodotto in un ampio territorio compreso nella provincia di Asti, in quella di Alessandria e in provincia di Cuneo. La prima documentazione è nel comune di Nizza Monferrato e risale al 1670. Risulta ufficialmente nella prima ampelografia (vedi note) dei vitigni del Piemonte nel 1798. La Barbera è un incantevole vino da tavola, piuttosto acida e astringente da giovane ma, dopo alcuni anni di affinamento, diventa più corposa e “baroleggiante”.
Uvaggio: Barbera (85-100%), Freisa, Grignolino e Dolcetto, da soli o insieme (dal 10 al 15%).
Area geografica: Molti comuni della provincia di Asti, Alto e Basso Monferrato in provincia di
Alessandria e nell’Albese in provincia di Cuneo.
Gradazione alcolica minima: 12%vol.
Colore: rosso rubino da giovane virante al granato da matura.
Profumo: vinoso, ai frutti rossi maturi.
Sapore: asciutto e pieno.
Come servirlo: a 16-18°C.
Note: Significato di “Ampelografia”
L’ampelografia è una branca della botanica che descrive e classifica le numerose varietà dei
vitigni. Questa disciplina scientifica, di fondamentale importanza per l’enologia e la
viticoltura, è alla base della descrizione monografica della pianta, dei frutti, delle foglie, del
suo comportamento vegetativo, della sua predisposizione alle malattie e del tipo di prodotto
finito a cui dà origine. Questi dati vengono riportati in una scheda ampelografica
sottoposta all’approvazione della commissione internazionale O.I.V. (Office International de
la vigne et du vin).
BARBARESCO
Sono in molti a definire questo vino più “femminino” ed elegante del Barolo con maggiore charme e morbidezza. Un’antica tradizione vuole che i Galli vennero in Italia attirati dalla bontà del suo vino. Livio ne “La Storia di Roma”, narra che un certo Arante di Chiusi, per vendicarsi del principe della città, andò ad offrire il vino ai Barbari d’Oltralpe e, questi, appena assaggiata la bevanda, accettarono di scendere, pur di bere a sazietà. Da qui il nome di Barbaresco, dall’abitudine dei Romani di chiamare “barbaro” ogni straniero.
Uvaggio: Nebbiolo (100%). Sottovarietà: Michet, Lampia e Rosé.
Area geografica: comuni di Barbaresco, Neive, Treiso e parte della frazione di Alba denominata
San Rocco Senodelvio, tutti in provincia di Cuneo in Piemonte.
Gradazione alcolica minima: 12,5%vol.
Colore: rosso granato, con riflessi aranciati.
Profumo: fine, di frutta matura con sentori di spezie e tostatura.
Sapore: avvolgente al palato, tannico, strutturato e persistente.
Invecchiamento: 2 anni di invecchiamento obbligatorio, di cui 1 in botti di rovere o castagno. Per la
Riserva minimo 4 anni. E’ un vino maturo sui 4 – 8 anni e si conserva fino a
15 – 18 anni.
Come servirlo: stapparlo con largo anticipo e servire a 18-20°C.
LA FELICITA’, COME UN VINO PREGIATO,
DEVE ESSRE ASSAPORATA SORSO A SORSO
(L. Feuerbach)
BAROLO
E’ un vino che affonda le sue radici nella storia e che al solo nominarlo si sente un fremito speciale.
Lo chiamano “il re dei vini e il vino dei re”. Che i Romani lo conoscessero sembra accertato. Molti testi ricordano che Giulio Cesare, di ritorno dalla Gallia, portò a Roma una gran quantità di questo vino. Molto apprezzato anche durante il Medioevo da nobili e signorotti, come testimoniano castelli e roccaforti disseminati nella zona. La storia racconta che durante il Risorgimento, re Carlo Alberto, assaggiato questo vino, decise di acquistare una tenuta per rifornire di Barolo la mensa reale.
Uvaggio: Nebbiolo (100% ), nelle varietà Lampia, Michet e Rosé.
Area geografica: viene prodotto in una zona ristretta delle Langhe che fa capo a Barolo, in provincia
di Cuneo. I comuni interessati dalla produzione di questo vino sono, in
particolare, Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, Cherasco, Diano
d’Alba, Monforte d’Alba, Novello, Grinzane Cavour, Roddi, Verduno e
La Morra.
Gradazione alcolica minima: 13%vol.
Colore: rosso granato carico con riflessi arancio-mattone.
Profumo: etereo, complesso, fine, intenso con sentori erbacei e di frutta rossa matura.
Sapore: molto strutturato, secco, ampio, tannico, caldo, robusto, austero ma vellutato.
Invecchiamento: La Riserva invecchia almeno 5 anni. L’invecchiamento obbligatorio è di 3 anni,
di cui 2 in botti di rovere o castagno. E’ un vino maturo sui 5-10 anni e può
invecchiare ben oltre i 20 anni.
Come servirlo: decantare in caraffa e servirlo a 20°C.
GLI ANTICHI ABITANTI DELLE LANGHE
Anticamente gli abitanti di questa terra, gli antichi “Langenses”, appartenevano ad una tribù di liguri che viveva a nord di Genova, in una zona che delimitava i confini del pascolo. Si tratta di un accordo del 117 a.C., tra i “Gennates” ed i “Langenses”, nominati per la prima volta in un documento storico. Nelle Langhe, molti ristoranti propongono, come un’antica tradizione vuole, una eccellente cucina di mare.
(Da scritti di R. Perrone)
ROSSESE DI DOLCEACQUA
Questo vitigno dell’estremo ponente ligure è molto simile al Pinot Noir, sebbene sia decisamente più robusto. Il Rossese di Dolceacqua è un vino di nobili tradizioni, antico e da tempo apprezzato. Nel Cinquecento, Rossese e Cinqueterre comparivano sulle tavole più prestigiose della città papale. Sua Santità, Papa Paolo Farnese III, grande estimatore di vini rossi, gradiva questo vino in modo particolare e raccomandava al suo bottigliere di averne sempre una buona scorta in Vaticano.
Nel 1796, Napoleone Bonaparte, ospite della marchesa Doria, nel castello di Dolceacqua, assaggiò questo vino e ne fu così entusiasta da volerlo con sè nelle sue campagne militari in Italia e da ordinare che ogni anno gliene fosse recapitata almeno una botte a Parigi. Affermava che questo nettare lo confortava, dandogli riposo e distensione.
Uvaggio: Rossese (95% – 100%)
Area geografica: Nel ponente ligure, esattamente in Val Nervia, in Val Verbone ed una parte della
Val Roja, in provincia di Imperia. I principali comuni interessati alla produzione
sono Camporosso, Dolceacqua, Perinaldo, San Biagio della Cima, Soldano,
Vallecrosia, Ventimiglia.
Gradazione alcolica minima: 12%vol.- 13%vol. Per il tipo Superiore.
Colore: rosso rubino tendente al granato quando invecchia.
Profumo: vinoso, intenso ma delicato, persistente con sentori di rosa, di viola, di ribes e talvolta di
fragola.
Sapore: morbido, caldo, spesso vellutato, più o meno aromatico, ha stoffa e corpo.
Come servirlo: 16 – 17°C.
LAMBRUSCO DI SORBARA
Lambrusche o Labrusche erano per i Romani le viti selvatiche che si arrampicavano spontanee agli alberi; Plinio loda la virtù di quella specie di vino ottenuto dai grappoli spremuti. Il più lodato in terra emiliana è il Lambrusco di Sorbara. Ad esso accenna Mozart in una sua lettera: “Di buono a Bologna ho trovato un vino brusco e frizzante che prima pizzica la gola e poi diventa dolce come il miele”. Anche Carducci, benchè da buon toscano preferisse il Chianti, amava molto il Lambrusco.
Uvaggio: Lambrusco di Sorbara (minimo 60%) e Lambrusco Salamino (max 40%)
Area geografica: provincia di Modena, in Emilia Romagna.
Gradazione alcolica minima: 10,5%vol.
Colore: rosso rubino più o meno intenso con spuma vivace, evanescente.
Profumo: gradevole, fine, abbastanza persistente, con sentori di violetta.
Sapore: fresco, sapido, allappante e nell’insieme piacevole e armonico.
Come servirlo: alla temperatura di 12-14°C.
SANGIOVESE DI ROMAGNA
Il vitigno Sangiovese è nominato per la prima volta in alcuni trattati di agricoltura del Seicento e, poiché a parlarne sono autori toscani, si pensa che, originario della Toscana, sia stato importato in seguito in Romagna. Se ne trova una descrizione in un’opera del 1763 stampata a Venezia: “L’uva rossa chiamata San Zoveto è di qualità bellissima, fa il vino senza odore, molto colorito, grosso e spiritoso”. Ancora oggi nelle campagne è tradizione che, per il matrimonio, il padre dello sposo attenda la nuora con un fiasco di Sangiovese e le offra da bere prima che entri in chiesa.
Uvaggio: Sangiovese (minimo 85%).
Area geografica: parte della provincia di Forlì, Cesena, Ravenna, Bologna e Rimini.
Gradazione alcolica minima: 11,5%vol.
Colore: rosso rubino con riflessi violacei.
Profumo: vinoso, con sentori di viola.
Sapore: secco, armonico, con leggero retrogusto amarognolo.
Come servirlo: a 18°C.
LACRIMA DI MORRO D’ALBA
Questo vino, conosciuto fin da tempi antichissimi, è un rosso di razza e ricco di tannini. La prima testimonianza storica, riguardante i vini di Morro d’Alba, ci viene data da Plinio il Vecchio nella sua
“Naturalis Historia”. Successivamente, nel 1167, Federico Barbarossa, durante l’assedio di Ancona, scelse le mura di Morro d’Alba come dimora e riparo e costrinse gli abitanti a cedergli le cose più buone e prelibate, tra cui il famoso vino di quella zona.
Uvaggio: Lacrima (minimo 85%), Montepulciano e Verdicchio, da soli o insieme (max 15%).
Area geografica: in un primo tempo comprendeva solo il comune di Morro d’Alba, ora la zona è
stata estesa anche ai comuni limitrofi come Monte San Vito, Belvedere
Ostrense, Ostra, San Marcello e Senigallia, tutti in provincia di Ancona nelle
Marche.
Gradazione alcolica minima: 11%vol.
Colore: rosso rubino intenso con sfumature violacee.
Profumo: intenso, fruttato e vinoso.
Sapore: asciutto e sapido.
Come servirlo: a temperatura di cantina, sui 16 – 18°C.
ROSSO CONERO
In greco Ancona significa gomito; infatti la costa, all’altezza della città, forma un piccolo gomito che ospita il porto, dominato da una catena di colli tra cui spicca la vetta del Conero.
Al tempo dei Romani la regione non era particolarmente rinomata per la produzione dei vini, tuttavia Plinio il Giovane ricorda con rispetto proprio il vino di Ancona.
In epoca medioevale il vino qui prodotto raggiunse tale reputazione che la Repubblica di Venezia ottenne di poter edificare un castello nei pressi di Ravenna allo scopo di impedire ai Lombardi di riceverne. Nel 1406, all’epoca di Papa Gregorio XII, furono emanati a Roma gli “Statuti di Agricoltura per il buon governo dei campi e vigne”, al fine di tutelare la produzione del vino.
Uvaggio: Montepulciano (minimo 85%) e Sangiovese (max 15%).
Area geografica: promontorio del Conero, in provincia di Ancona.
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Colore: rosso rubino intenso.
Profumo: vinoso, con sentori tipici di marasca e frutti di bosco.
Sapore: caldo, giustamente tannico e con retrogusto speziato.
Come servirlo: a 16 – 18°C.
CHIANTI CLASSICO
Chianti è il nome geografico di una regione tra Firenze e Siena, terra di colli scoscesi e sassosi.
Nell’Alto Medioevo queste alture erano celebri per le battute di caccia. Verso l’anno 1000 vi furono impiantati i primi vigneti. Le colline del Chianti, contese tra Firenze e Siena, furono teatro di ripetute battaglie. Verso la metà del XVI secolo, la regione godette per la prima volta di un lungo periodo di pace e di prosperità sotto il dominio dei Medici ai quali si deve l’incremento della viticoltura e della produzione dei vini. In breve i vini del Chianti conquistarono mercati nazionali e internazionali.
La fortuna del Chianti, soprattutto sui mercati stranieri, si deve in parte all’aspetto rustico del fiasco rivestito con foglie secche di un’erba palustre che i toscani avevano adottato fin dal 1200 e che era usato già dai Greci e dai Romani.
Uvaggio: Sangiovese (75 – 90%), le altre uve variano a seconda della sottozona: generalmente
Canaiolo (max 10%) e Malvasia del Chianti (max 10%).
Area geografica: numerosi comuni delle provincie di Siena, Firenze, Arezzo, Pistoia e Pisa.
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Colore: rosso rubino vivace.
Profumo: vinoso, con sentori di viola mammola.
Sapore: asciutto, armonico, leggermente tannico.
Come servirlo: alla temperatura di 18°C.
PRIMUM CROSTINUM,
DEINDE VINUM,
DEINDE CROSTINUM,
DEINDE VINUM,
USQUE AD MATINUM
(Da una canzone goliardica medievale)
CROSTINI CON FEGATINI DI POLLO
Ricetta
Ingredienti: 300 grammi di fegatini di pollo, un etto di carne macinata, ½ cipolla rossa, 4 cucchiai di
olio extravergine di oliva, ½ bicchiere di vino bianco, 50 grammi di capperi,
6 filetti di acciughe salate, carota, un cucchiaio di concentrato di pomodoro,
prezzemolo.
Procedimento: pulire i fegatini di pollo togliendo accuratamente la vescica del fiele e quindi lavarli
in acqua corrente e asciugarli Sciacquare i filetti di acciughe. Affettare la cipolla
molto sottile e farla rosolare in un tegame con l’olio, insieme a prezzemolo e carota.
Quando la cipolla comincia a prendere colore aggiungere i
fegatini interi e quindi farli cuocere per circa 15 minuti. Quando i fegatini
sono quasi cotti, toglierli dalla casseruola, continuando il soffritto con
l’aggiunta della carne macinata proseguendo la cottura a fuoco lento. Quando è
rosolato, sfumare con il vino bianco. Aggiungere la salsa di concentrato di
pomodoro allungandola con un po’ d’acqua e continuando a lasciare insaporire,
sempre a fuoco lento, per circa 40 minuti .Tritare fegatini, acciughe e capperi fino ad
ottenere una crema. Aggiungere il trito nella casseruola, girandolo di tanto in
tanto per ancora 7/8 minuti.
Spalmare la crema sul pane, preventivamente tagliato a
fette dello spessore di un centimetro circa. A piacimento, il pane può essere anche
bagnato con il brodo prima di spalmarlo con la salsa.
Sono strepitosi anche freddi!
VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO
Si chiama vino nobile perchè era riservato, un tempo, alle famiglie più elette di Montepulciano.
All’epoca della vendemmia gli incaricati delle nobili casate sceglievano l’uva migliore, sana e perfetta, e la vinificavano. Il vino, invecchiato in botti per due o tre anni, veniva travasato in fiaschi da un litro chiamati “pulcinelle”.
Fu molto apprezzato da Papa Paolo III Farnese che “ne beveva volentieri et faceva honore al vino et presente al donatore, si in Roma come in Perugia, sicchè è vino da signori”.
Uvaggio: Sangiovese (60-80%), Canaiolo Nero (10-20%), altri (max 20%).
Area geografica: zona del solo comune di Montepulciano, in provincia di Siena.
Gradazione alcolica minima 12,5% vol.
Colore: rosso rubino intenso.
Profumo: fine e ampio con sentori di frutta.
Sapore: asciutto, equilibrato, elegante.
Come servirlo: Si porta in tavola dopo averlo scaraffato e si serve ad una temperatura di 18-20°C.
BRUNELLO DI MONTALCINO
Montalcino è una piccola località a quaranta chilometri da Siena, posta su un colle che domina la Valle dell’Ombrone. L’abitarono gli Etruschi ed i Romani; nell’814 fu donata all’abazia di Sant’Antimo ed infine divenne libero comune legato alle sorti della maggiore Siena. Dopo le lunghe lotte tra Siena e Firenze, Montalcino cadde sotto il dominio dei Medici. I vini della regione ebbero da allora il posto d’onore sulle mense fiorentine. I Medici li inviavano ai papi della loro casata. Nel Seicento un poeta locale dedicò al vino di Montalcino un’ode che diceva: “Par che placido baci allor che’l bevi e l’aria si inchini al suo sapore”.
Uvaggio: Sangiovese (100%).
Area geografica: comune di Montalcino, in provincia di Siena.
Gradazione alcolica minima: 12,5% vol.
Colore: rosso rubino intenso e limpido.
Profumo: fine, con sentori fruttai di prugna, speziati di tabacco e liquirizia.
Sapore: caldo, morbido al palato, perfettamente equilibrato, tannico.
Come servirlo: si porta in tavola dopo averlo decantato e si serve ad una temperatura di 18-20°C.
SAGRANTINO DI MONTEFALCO
Montefalco è un paese a 48 chilometri da Perugia, a circa cinquecento metri sul livello del mare, chiamato “La ringhiera dell’Umbria”.
Il Sagrantino di Montefalco è indubbiamente il vino umbro che suscita maggior curiosità, anche se la sua produzione non è certo abbondante. Secondo alcuni, se ne trova menzione già negli scritti di Plinio il Vecchio nel I° secolo d.C. Secondo altri, venne importato a Montefalco nel XII secolo dal Portogallo o dall’Asia Minore da alcuni frati francescani. Il suo nome sarebbe riconducibile all’uso frequente nei sacramenti. Questo splendido vino non ha nulla da invidiare ai mostri sacri come Barolo e Brunello di Montalcino. E’ un’uva difficile e delicata che ha una maturazione tardiva. Si vendemmia a novembre-autunno inoltrato, lasciando all’uva tutto il tempo che le serve per completare la maturazione e deve affinare per almeno trenta mesi, dei quali dodici in botti di legno, prima di essere messo sul mercato. Anche “giovane”, con quella tannicità tipica del vitigno, non è per nulla aggressivo e questo è indice di una buona maturazione delle uve e di un corretto invecchiamento. Un tempo si usava abbinare il Montefalco all’Attorta, dolce attorcigliato a forma di serpente, preparato con mandorle macinate, farina, zucchero e cotto in forno.
Uvaggio: Sagrantino (100%).
Area geografica: l’intero territorio del comune di Montefalco e parte dei comuni di Bevagna,
Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia.
Gradazione alcolica minima: 13% vol.
Colore: rosso rubino con riflessi violacei, tendente al granato con l’età.
Profumo: delicato, caratteristico, con sentore di confetture, frutti di bosco, bacche di ginepro e
spezie.
Sapore: gradevole, pieno, robusto, asciutto, armonico.
Come servirlo: a una temperatura di 18-20°C.
TAURASI
Il Taurasi viene prodotto con uno dei migliori vitigni dell’antichità, l’Aglianico, conosciuto in passato come “Vitis Hellenica”. Probabilmente originario della Grecia, fu importato in Italia intorno al VII – VI secolo a.C. Il suo nome deriva dalla cittadina omonima, l’antica Taurasia distrutta dai Romani nel 268 a.C., in una zona di grande tradizione vinicola. Questo è l’unico vino rosso di altissimo livello della Campania ed è considerato “Il Re”, il migliore. L’Aglianico è però un vitigno difficile da coltivare e difficilissimo da vinificare ed è considerato “ scontroso”; matura tardi, è intenso e brusco in principio e i suoi tannini hanno bisogno di tempo per ammorbidirsi. In pratica il suo stile si affina con gli anni.
Uvaggio: Aglianico (minimo 85%), più eventuale aggiunta di altre uve rosse locali, non aromatiche
(max 15%).
Area geografica: prodotto in un territorio di 17 comuni , in provincia di Avellino ( tra cui Taurasi,
Fontanarosa, Lapio e Montefalcione).
Gradazione alcolica minima: 12% vol. Riserva 12,5% vol.
Colore: rosso rubino intenso, tendente al granato fino ad acquistare riflessi arancioni con
l’invecchiamento.
Profumo: etereo, gradevole, più o meno intenso e delicato.
Sapore: asciutto, pieno, vellutato, elegante, con retrogusto persistente e armonico.
Invecchiamento: il Riserva è sottoposto a invecchiamento obbligatorio di 4 anni (di cui almeno 18
mesi in botti di legno).
Come servirlo: a 18 – 20°C.
LACRYMA CHRISTI DEL VESUVIO
E’ un vino leggendario. Un tempo era considerato uno dei più celebri vini di lusso al mondo. Si produce nella zona pedemontana del Vesuvio, dove la tradizione enologica ha origine secoli prima di
Cristo. Secondo Aristotele furono i Tessali, antico popolo della Magna Grecia, ad impiantare le
prime viti sul Vesuviano nel V secolo a.C.
Sulle origini di questo vino circola una leggenda, sicuramente ingenua ma che ormai è radicata nei racconti popolari e viene accettata dalla maggioranza degli autori di storia napoletana.
Si narra che Lucifero, dopo aver divelto un pezzo di Paradiso, lo trasportò sulla terra per creare un regno di sua proprietà, l’impareggiabile Golfo di Napoli. Accortosi di una simile profanazione, Gesù
fu addolorato al punto da far cadere sulla contrada una pioggia di lacrime che ebbero la forza di far prosperare i vigneti che stentavano ad attecchire sulle falde del vulcano coperto di lava.
I vignaioli del Vesuvio chiamarono questo vino con il nome di “Lacrime di Cristo”.
Uvaggio: Piedirosso (80 – 100%), Aglianico (max 20%).
Area geografica: i comuni di Torre del Greco e di Ercolano.
Gradazione alcolica minima: 12% vol.
Colore: rubino intenso con riflessi violacei.
Profumo: ricorda la violetta e i fiori di mammola con note di liquirizia e legno nobile.
Sapore: gradevolmente vinoso, secco, asciutto, di grande struttura e morbidezza.
Come servirlo: a temperatura ambiente, 16 – 18°C. Si consiglia di aprirlo con un certo anticipo.
AGLIANICO DEL VULTURE
L’Aglianico è ricordato con rispetto nel libretto di Sante Lancerio che così ne scriveva: “ Di tale vino Sua Santità beveva molto volentieri”. Anche il medico di Sisto V parla di questo Aglianico nella sua “Storia dei Vini”, definendolo “un succo rubicondo, pieno di una sostanza densa, pingue ed alcolico, quando le vendemmie corrono asciutte”.
Con L’Aglianico del Vulture i peccati di cibo non si confessano”, dice un vecchio proverbio potentino.
Uvaggio: Aglianico (100%).
Area geografica: diversi comuni alle pendici del Vulture in provincia di Potenza, in Basilicata.
Gradazione alcolica minima: 11,5% vol.
Colore: rosso rubino intenso.
Profumo:intenso e fine, con sentori netti di frutti di bosco e pepe nero.
Sapore: equilibrato, corposo, giustamente tannico e avvolgente al palato.
Come servirlo: decantare in caraffa e servirlo a 20°C.
SALICE DEL SALENTINO
Questo splendido vino rosso rappresenta una delle massime espressioni dell’enologia pugliese. E’ ricavato da uve che fruttificano in terreni profondi e consentono alle radici della vite di risentire meno della forte insolazione estiva. Dalla fortunata combinazione di vari elementi climatici, ambientali, agricoli ed enologici, è nato un vino che, già da molti decenni, si è imposto all’attenzione di parecchi mercati nazionali ed internazionali.
Uvaggio: Negroamaro (minimo 80 – 100%), Malvasia Nera di Brindisi e/o Malvasia Nera di Lecce
(max. 20%).
Area geografica: Salice Salentino è un comune a nord di Lecce, costituisce la zona di produzione
insieme ad altri tre comuni della stessa provincia, Veglie, Campi Salentina,
e Guagnano, inoltre, in provincia di Brindisi, nei paesi di San Pancrazio Salentino,
Cellino San Marco e Sandonaci.
Gradazione alcolica minima: 12% vol. sottoposto a 7 mesi di invecchiamento. La Riserva è
sottoposta a 2 anni di invecchiamento obbligatorio (di cui almeno 6
mesi in botti di legno) e ha minimo 12,5% vol.
Colore: rosso rubino, con riflessi rosso mattone se invecchiato.
Profumo: vinoso, pieno, fine, intenso ed etereo.
Sapore: deciso, potente ma vellutato, pieno, caldo e armonico.
Come servirlo: a 18 – 20°C.
PRIMITIVO DI MANDURIA
Di certo si sa che il nome “Primitivo” venne dato al vitigno, verso la fine del Settecento, da
“Primicerio Indellicati” di Gioia del Colle. Con la stessa sicurezza si sa che, prima dell’intuizione dell’Indellicati, il vitigno si era esteso in Puglia con il nome di “Zagarese”.
Primitivo è voce del dialetto pugliese e sta per primaticcio. Infatti matura prestissimo, prima ancora che altrove cominci la vendemmia. Oltre ad essere il più precoce, è anche dei più longevi. Lo scrittore Cesare Viola riferisce di aver gustato una bottiglia di Primitivo, vecchio di cinquant’anni, regalatogli da un barone. Non si sa con esattezza come un così eccezionale vitigno sia giunto in Puglia. Alcuni affermano che sia stato portato dai frati provenienti dalla Francia, ipotesi che trova una conferma nel fatto che il Primitivo possiede virtù del miglior Borgogna. Altri, invece, sostengono che questo vitigno sia arrivato per mano dei Greci o per mano di popoli che trovarono rifugio in Puglia per sfuggire ai Turchi. Intorno agli anni ’80, un gruppo di ricercatori californiani e croati confermarono, a seguito di una ricerca, la tesi che il Primitivo-Zinfandel era di origine croata, molto coltivato nei Balcani, con il nome “Pavlac Mali”. Derivava dell’incrocio spontaneo tra Zinfandel, Primitivo e Dobricic, un vitigno molto raro, tradizionale della costa dalmata. Nel 1994, una famosa scienziata, Carole Meredith, dichiarò ufficialmente che il Primitivo corrisponde geneticamente allo Zinfandel Californiano.
Uvaggio: Primitivo di Manduria (100%).
Area geografica: numerosi comuni della provincia di Taranto tra cui Manduria, Sava e Lizzano, e
tre comuni della provincia di Brindisi.
Gradazione alcolica minima: 14% vol.
Invecchiamento: 2 anni obbligatorio.
Colore: rosso rubino con riflessi granati
Profumo: caratteristico, con sentori di confettura e di frutta rossa.
Sapore: pieno, morbido, tendente al vellutato se invecchiato, equilibrato al palato.
Come servirlo: a 18 -22°C.
CIRO’ ROSSO
Si dice il vino più antico d’Italia, discendente dalla preziosa vite greca che dava il “Cremissa”, offerto agli atleti vittoriosi dei giochi olimpici.
Già dal ’300 a.C., si dava, attraverso le Tavole di Eraclea, un’idea ben chiara del valore dei vigneti calabri. I vini che vi si producevano erano preziosi, odorosi, forti.
Uvaggio: Gaglioppo (minimo 95%).
Area geografica: Comuni di Cirò, Cirò Marina e in parte i territori di Melissa e Crucoli, tutti in
provincia di Crotone, in Calabria.
Gradazione alcolica minima: 12,5% vol.
Colore: rosso rubino intenso, limpido.
Profumo: Intenso e persistente, con sentori di frutta matura e spezie.
Sapore: morbido ed equilibrato al palato.
Come servirlo: a temperatura di cantina, 14-16°C.
“PIGGER FOOD”
Piedini di maiale, disossati, lessati e fritti
NERO D’AVOLA
L’introduzione della vite in Sicilia si deve in prevalenza ai Fenici, anche se il ritrovamento, alle falde dell’Etna, di viti selvatiche dimostra la presenza di questa coltura già nell’era Terziaria.
Il Nero d’Avola è l’espressione di una particolare vite autoctona della Sicilia, chiamato Calabrese o
Calabrese d’Avola. Il nome sembrerebbe derivare dall’erronea traduzione del dialetto siciliano
“calaurisi”, risultante dall’unione delle parole “calea” , ovvero uva e “aulisi”, di Avola, borgo della provincia di Siracusa.
In passato, gli esportatori di vini siciliani in Francia, trovavano più facile venderli come vini calabresi, giacchè i vini di questa regione godevano di una maggiore notorietà. Ma già alla fine dell’800, i vini rossi, da uve Nero d’Avola, provenienti dal territorio siracusano e, in particolare, da Pachino, erano divenuti molto richiesti e apprezzati dagli stessi commercianti francesi che li usavano per dare colore e corposità ad alcuni dei loro vini.
L’uva Nero d’Avola è ormai diffusa in tutta la Sicilia, con circa 12000 ettari di terreno dedicati a questa varietà, sebbene il territorio di origine, definito dalle località di Eloro, Pachino e Noto, in provincia di Siracusa, ne possegga le maggiori estensioni.
Uvaggio: Nero d’Avola (85% – 100%), spesso con l’aromatico Frappato (max 15%).
Area geografica: l’intera Sicilia
Gradazione alcolica minima: 13% vol.
Colore: rosso rubino intenso.
Profumo: ampio, intenso e delicato.
Sapore: asciutto, corposo, vellutato.
Come servirlo: a 18 – 20°C.
ETNA ROSSO
E’ il vino che Ulisse usò per far ubriacare Polifemo. Era così denso che, seppure allungato con venti parti d’acqua, manteneva un profumo ed una forza prodigiosa. Era l’Etna rosso , assicurano alcuni scrittori. Questo vino rosso accende gli animi e le menti dei fedeli che ogni anno, nel mese di maggio, salgono sulle pendici dell’Etna dove si svolge la festa di Sant’Alfio, durante la quale se ne consuma molto, tanto che il santo è considerato anche protettore degli ubriachi e delle copiose bevute.
Uvaggio: Nerello Mascalese (minimo 80%) e Nerello Mantellato (max 20%).
Area geografica: la zona collinare intorno a Catania.
Gradazione alcolica minima: 12,5% vol.
Colore: Rosso rubino intenso e limpido, con riflessi granato, se invecchiato.
Profumo: intenso, vinoso, delicatamente floreale con sentori minerali e di frutta rossa matura.
Sapore: Piacevole al palato, secco, robusto, caldo, avvolgente e morbido.
Come servirlo: a 18 – 20°C.
IL MIRACOLO DEL VINO CONSISTE NEL RENDERE L’UOMO
CIO’ CHE NON DOVREBBE MAI CESSARE DI ESSERE
(E. Engel)
MONICA DI SARDEGNA
Le origini del vitigno sono abbastanza incerte. Il fatto che in Sardegna l’uva Monica venga chiamata anche “Mora di Spagna”, avvalora l’ipotesi che si tratti di un’uva di provenienza iberica.
Uvaggio: Monica (minimo 85%).
Area geografica: Il Monica si produce in tutte le zone vinicole della Sardegna.
Gradazione alcolica minima: 11% vol.
Colore: rosso rubino, più o meno intenso, chiaro, brillante, tendente all’amaranto se invecchiato.
Profumo: tenue, delicatamente floreale, con sentori di frutta.
Sapore: fresco, asciutto, abbastanza strutturato, sapido.
Come servirlo: a 16-18°C.
CANNONAU DI SARDEGNA
Nel Medioevo la Sardegna, dopo le dominazioni dei Vandali e dei Bizantini, subì per qualche tempo l’influenza di pisani e genovesi, i quali sicuramente contribuirono alla diffusione della vite. Dal XIV secolo ebbe inizio un attivo commercio di vini sardi esportati principalmente a Napoli, Genova, Pisa ed in Grecia.
La produzione del Cannonau risale forse al XV secolo e, poiché pare che il vitigno sia lo stesso che dà il celebre Alicante, dovrebbe essere stato importato in Sardegna al tempo della dominazione spagnola.
Qualcuno ha scritto: “il Cannonau di Sardegna allunga la vita”. Non è difficile crederci, vista la longevità delle persone in quest’isola. Questo vino è uno dei più ricchi di sostanze antiossidanti polifenoliche, caratteristica che condivide con altri vini dell’isola e con alcuni vini del ”Continente”.
Uvaggio: Cannonau (minimo 90%), eventuali aggiunte di altre uve rosse locali (max. 10%).
Area geografica: viene prodotto nell’intero territorio vitivinicolo regionale, con particolare
importanza delle zone del Campidano, in provincia di Cagliari, dell’Ogliastra e
dell’Oliena, in provincia di Nuoro.
Gradazione alcolica minima: (12,5% vol.).
Colore: rosso rubino più o meno intenso, tendente all’arancione se invecchiato. Rosa brillante, se
rosato.
Profumo: gradevole, pieno.
Sapore: secco e sapido.
Temperatura di servizio: 18 – 22°C.
GLI ANTIOSSIDANTI
Gli antiossidanti sono molecole capaci di fornire un’elettrone ad un radicale libero convertendolo in una molecola innocua. Essi sono in grado di isolare il radicale libero e proteggere le cellule dal danno ossidativo, generalmente provocato dall’età e dalle malattie, sia a livello delle membrane sia dei vasi sanguigni.
In questo modo si agevola il flusso di sangue dal cuore al cervello, diminuendo il rischio di patologie come ad esempio la demenza senile, malattie vascolari e l’Alzheimer.
VINO NOVELLO
La prima settimana di novembre inizia la stagione del Novello, un vino particolare con singolari caratteristiche. Ha un colore rosso rubino, un profumo molto intenso e abbastanza persistente che ricorda l’uva e la frutta matura (si riscontrano i profumi di mela, susina rossa, ananas, banana e frutti di bosco a bacca nera). Questo vino, dal sapore fruttato e persistente, scandisce la stagione autunnale con fragranza e freschezza e ben si abbina a salumi, carni bianche, pesce preparato con cotture leggere, formaggi freschi, noci, nocciole e castagne.
Il vino Novello si produce con una tecnica particolare detta “macerazione carbonica”. Con questa tecnica di vinificazione i grappoli non vengono pigiati ma messi tutti interi in recipienti ermetici, in cui lo spazio libero viene riempito con anidride carbonica. La mancanza di ossigeno provoca particolari reazioni: gli acini iniziano a fermentare e tra i cinque e i venti giorni si svolge la macerazione a circa 20-30°C. Quindi l’uva macerata viene pigiata normalmente e il mosto avviato alla fermentazione alcolica. Si ottiene così un vino particolarmente fruttato, subito maturo e pronto alla beva.
VINI ROSATI
LAGREIN ROSE’
L’uva Lagrein è originaria di Greis, località nelle vicinanze di Bolzano, dove i vescovi di Frisinga possedevano dei vigneti e una cantina detta in tedesco Keller. Le coltivazioni della proprietà sono antecedenti all’anno 1000 e già allora i vini di Bolzano erano famosi, soprattutto nei paesi d’Oltralpe. Ottone di Frisinga, che visse ai tempi di Federico Barbarossa, scrisse in una sua cronaca che i guerrieri nordici perdevano completamente la testa dopo aver gustato un bicchiere di Lagrein.
Uvaggio: Lagrein (95%) e altri vitigni raccomandati.
Area geografica: comuni a vocazione viticola della provincia di Bolzano.
Gradazione alcolica minima: 11% vol.
Colore: rosso rubino, chiaro o rosato con riflessi salmone.
Profumo: delicato, fine e gradevole.
Sapore: armonico, fruttato, elegante e fresco.
Come servirlo: alla temperatura di 12 – 14°C.
GARDA CLASSICO CHIARETTO
Nel Rinascimento il vino godeva di ottima fama e la storia ricorda che il marchese di Mantova, avendo bisogno di un certo favore da Leone X, mandò al Papa pesci e vini del Garda, ricordando che già una volta Sua Santità aveva molto apprezzato gli uni e gli altri nella villa dei Gonzaga. L’addetto alle cucine, poco dopo, informava il marchese che il Papa aveva rimandato l’assaggio di altri vini all’indomani e si era subito fatto versare un buon numero di bicchieri di “Clareto”. Gustatolo, ne aveva esaltato la bontà esclamando, come era suo costume:”Gotto molto grande risponde bene; datemene un altro”.
Uvaggio: Groppello (30 -60%), Sangiovese (10 – 25%), Barbera (10 – 20%), Marzemino (5 – 30%)
Area geografica: il territorio vitivinicolo comprende diversi comuni posti sulle colline intorno al
Lago di Garda.
Gradazione alcolica minima: 11,5 vol.
Colore: cerasuolo rosato con riflessi rubino.
Profumo: delicato, gradevole, con note fruttate di fragola e lampone.
Sapore: morbido, asciutto, sapido, leggermente amarognolo.
Come servirlo: fresco di cantina, a 14-16°C.
ALEZIO ROSATO
La Puglia è la terra dove nascono straordinari vini rosati che hanno una storia antica e particolarmente significativa. Quasi sicuramente furono i coloni greci ad insegnare ai contadini salentini come produrre i vini rosati con il sistema a “Lacrima”. Le uve venivano sottoposte a delicata pigiatura, raccolte in sacchi, in modo da farle “lacrimare” e ottenere il mosto fiore, evitando così di tenerlo troppo a contatto con le bucce. Era quel mosto vergine, chiamato “Petropum” da Plinio il Vecchio e definito “Mostum Lixivium” da Columella.
L’Alezio viene prodotto nell’estremo sud della Puglia nei territori intorno ad Alezio, l’antica Aletium, sulle coste del Mar Ionio. Questo vino nasce prevalentemente da un vitigno a bacca nera, il Negroamaro. E’ proprio dal colore nero dei suoi grappoli che nacque il nome “Niuro Marui”, oggi Negro Amaro o Negramaro. I disciplinari di produzione prevedono infatti un uvaggio di Negroamaro tra l’80 e il 100%, con eventuali aggiunte di Malvasia Nera di Lecce e/o Sangiovese, e/o Montepulciano, fino a un massimo del 20%. La Malvasia Nera è utile per ammorbidire il gusto del vino, talvolta troppo carico.
Uvaggio: Negroamaro(80%), Malvasia Nera e/o Sangiovese e/o Montepulciano (max.20%).
Area geografica: in provincia di Lecce nei comuni di Alezio e Sannicola e in terreni nei comuni di
Tuglie e Gallipoli.
Gradazione alcolica minima: 12% vol.
Colore: rosa corallo intenso. In alcuni casi tendente al cerasuolo.
Profumo: delicato ma fruttato.
Sapore: asciutto, vellutato con un fondo amarognolo.
Come servirlo: a una temperatura compresa tra i 12 e i 14°C
VINI DA MEDITAZIONE
PICOLIT
E’ l’unico vitigno friulano descritto nell’Ampelografia del Gallesio, è anche ricordato in una canzone anonima ispirata alla strage del Duca di Brunswick del 1509.
Fra gli estimatori del Picolit c’è Carlo Goldoni, il quale lo definisce la gemma enologica più splendente del Friuli, delizia dei palati esigenti di papi, re e principi.
Uvaggio: Picolit (90%), altri vitigni (10%).
Area geografifica: comprende una fascia collinare a est della provincia di Udine che va da Tarcento
ai confini con la provincia di Gorizia.
Gradazione alcolica minima:14% vol.
Colore: giallo dorato più o meno intenso.
Profumo: delicato, fine, gradevole con sentori di fiori d’acacia.
Sapore: dolce, caldo, armonico, avvolgente.
Come servire: si serve a 18 – 20°C.
VERDUZZO DI RAMANDOLO
Era molto apprezzato in epoca medioevale, quando le botticelle che lo contenevano venivano spedite a dorso di mulo alla Corte Papale. Faceva parte dei vini offerti dal Comune di Cividale al gran pranzo in onore di Gregorio XII. Vantava inoltre proprietà terapeutiche; in un antico documento si ricorda che il patriarca Bertoldo, ormai malato, mandò a prenderne delle botti convinto di guarire.
Uvaggio: Verduzzo Friulano (100%).
Area geografica: una zona ben delimitata del comune di Nimis, in provincia di Udine, nella regione
Friuli Venezia Giulia.
Gradazione alcolica minima: 15% vol.
Colore: giallo dorato più o meno intenso.
Profumo: Intenso e caratteristico.
Sapore: gradevole al palato, dolce e vellutato.
Come servirlo: a una temperatura di 12 – 14°C.
RECIOTO
Cassiodoro, ministro del re Teodorico, indirizzò alla reggia di Ravenna una famosa lettera dalla quale si possono trarre molti elementi interessanti per individuare il vino “Acinatico”, reperibile presso i possessori veronesi di quell’epoca. Maestro di penna e degustatore raffinato, ecco cosa dice questo grand’uomo che aveva il senso della vigna non inferiore a quello dello stato, considerando L’Acinatico rosso: “E’ puro per sapore singolare, regio di colore, talchè o nei suoi fonti tu credi possa esser tinta la porpora, o dalla porpora espresso il color suo. La dolcezza in esso si sente con soavità incredibile, si corrobora la densità per non so qual fermezza e si ingrossa al tatto in modo che diresti esser un liquido carnoso o una bevanda da mangiare”.
L’Acinatico era quel vino che i Romani avevano genericamente chiamato con il nome di “Retico”, accomunandolo ad altri vini rossi settentrionali prodotti nella vallata dell’Adige e in Valtellina, ma che poi è stato chiaramente identificato come Recioto della Valpolicella. Eccelse erano le doti di critico vinicolo possedute da Cassiodoro.
Bianco con uve leggermente appassite.
Uvaggio: Garganega (minimo 70%), con eventuale aggiunta di Trebbiano di Soave, Pinot Bianco e
Chardonnay (max. 30%).
Area geografica: vino prodotto nel territorio collinare di 12 comuni in provincia di Verona,
Soave, Monteforte d’Alpone, Montecchia di Crosara, Roncà, Colognola ai
Colli, San Giovanni Ilarione, San Bonifacio, Cazzano, Caldiero, Illasi e Lavagno.
Gradazione alcolica minima:14% vol.
Colore: giallo dorato limpido.
Profumo: intensamente fruttato, vinoso, con ricordi di miele e vaniglia.
Sapore: Amabile, tendente al dolce, vellutato.
Come servirlo: Fresco ma non freddo, a 12°C.
ALBANA DI ROMAGNA PASSITO
Le prime notizie del vino Albana sono avvolte nella leggenda. Si dice che nel 435, la quasi imperatrice Galla Placidia, madre dell’Imperatore ValentinianoIII, viaggiando per la Romagna, si dissetò con una tazza di Albana e, trovatala eccellente, esclamò: “Sei troppo buono, o vino, per essere bevuto in rustica coppa; vorrei berti in oro”. Più tardi si trova un altro famoso personaggio intento a bere Albana, Federico Barbarossa che, pare, si ubriacasse frequentemente.
Uvaggio: Albana (100%).
Area geografica: parte delle oprovincie di Forlì, Cesena, Ravenna e Bologna.
Gradazione alcolica minima: 12% vol.
Colore: giallo dorato tendente all’ambrato.
Profumo: intenso e caratteristico.
Sapore: vellutato, gradevolmente dolce.
Come servirlo: a 10 – 12°C.
SCIACCHETRA’
Cinque Terre è il nome di una regione montuosa della Liguria orientale che comprende il territorio di cinque paesini: Monterosso, Corniglia, Vernazza, Manarola e Riomaggiore, in provincia di La Spezia. Qui i monti scendono a precipizio; i famosi vigneti sono piantati su stretti lembi di terra, “ le pianete”, dette “pastini” in dialetto, larghe a volte poco più di un metro e protette da muri a secco fatti di sassi. Il nome “Sciacchetrà”, secondo alcuni, è un’antica versione dialettale delle parole Cinque Terre; altri, i più, la ritengono una parola onomatopeica, da “Sciac e Trac”, che si rifà al momento in cui il tappo salta dalla bottiglia.
I vini delle Cinque Terre sono celebratissimi dai nostri letterati. Boccaccio nel suo Decamerone cita lo Sciacchetrà come vino che fa guarire dal mal di stomaco. I cronisti del 1500 ricordano che non vi era a quei tempi principe o duca o alto prelato che non fosse fiero di offrire ai suoi ospiti il famosissimo vino. Nell’Ottocento, poi, i nostri più grandi poeti, quali Carducci e Pascoli, fecero a gara nell’esaltarlo.
Uvaggio: Bosco (minimo 40%), Albarola e Vermentino (max.40%), altri per la restante percentuale.
Area geografica: fascia collinare dei comuni di Riomaggiore, Vernazza, Monterosso al Mare e parte
del comune di La Spezia.
Gradazione alcolica minima: 17% vol.
Colore: giallo dorato con riflessi ambrati.
Profumo: intenso, piacevole, di mele.
Sapore: dolce, armonico e di buona struttura.
Come servirlo: ad una temperatura di 12 – 14°C.
VIN SANTO TOSCANO
Di questo vino non è certo l’anno di nascita ma sicuramente lo è quello di battesimo. I padrini furono i vescovi conciliari, per testimoni, un Papa, un imperatore e diversi gentiluomini fiorentini. L’episodio avvenne nel 1439 quando Firenze, sotto il governo di Cosimo De Medici, ritrovava un periodo di pace e prosperità. In quegli anni Papa Eugenio IV aveva indetto un concilio ecumenico a Ferrara, con l’intento di riunificare la chiesa occidentale e quella orientale. I delegati greci non si trovavano a loro agio a Ferrara e, quando Cosimo De Medici offrì loro ospitalità a Firenze, accettarono di buon grado.
Gli illustri ospiti d’Oriente furono alloggiati a spese del Banco De Medici e rallegrati da festini e conviti. Essi dimostravano grandi apprezzamenti per la cucina toscana e gli ottimi vini che venivano serviti. Il Cardinale Bessarione, arcivescovo di Nicea, dopo aver assaggiato un sorso di vino dolce, che allora si chiamava “Pretto”, esclamò convinto: “Questo è Xanto!”. Egli voleva paragonare il vino toscano al celebre vino greco, ma i fiorentini presenti pensarono avesse voluto “santificarlo” e da allora il “Vin Pretto” prese il nome di Vin Santo.
Uvaggio: Trebbiano Toscano e/o Malvasia (minimo 70%) più altre uve bianche e rosse locali,
sottoposte ad appassimento naturale e ammostate tra il 1° dicembre dell’anno di
raccolta e il 31 marzo di quello successivo.
Area geografica: questo vino viene prodotto nel vasto territorio compreso nelle provincie di Arezzo,
Firenze, Pisa, Pistoia, Prato, Siena, nella stessa zona della “docg” del Chianti.
Gradazione alcolica minima: 15,5%, di cui almeno 13° in alcol svolto.
Colore: va dal giallo paglierino fino al dorato ed all’ambrato intenso.
Profumo: etereo e intenso.
Sapore: armonico, vellutato, secco o con più pronunciata rotondità se “abboccato”.
Invecchiamento: la Riserva è sottoposta a 4 anni di invecchiamento obbligatorio.
Come servirlo: a 13 – 15°C.
I CANTUCCI TOSCANI
Questi biscotti toscani sono ottenuti tagliando trasversalmente dei filoncini di pasta farcita di mandorle intere (20% circa) e pinoli (2% circa). I biscotti così ottenuti risultano croccanti e dorati nella parte esterna; lateralmente, nella parte corrispondente al taglio, si nota la caratteristica sezione delle mandorle, di cui sono riccamente farciti. Questi caratteristici dolcetti si conservano più a lungo di altri perchè molto secchi; proprio per la loro consistenza, si usa consumarli inzuppandoli nel Vin Santo.
PASSITO DI PANTELLERIA
Furono gli Arabi, nel VII secolo a.C., ad importare questo antico Moscato di Alessandria a Pantelleria. Il nome sembra abbia origine da un promontorio in Tunisia a settanta chilometri dall’isola siciliana, denominato Cap Zebib. Da lì il nome Zibibbo. Un’altra fonte riferisce che il nome derivi dalla parola araba “zabib”, che significa uva secca.
La vendemmia tardiva, l’appassimento delle uve e la loro esposizione al sole su graticci di canne, producono un vino unico ed inimitabile che da tempo occupa un posto di rilievo tra i molti vini dolci siciliani.
Magone, un generale cartaginese, nel II secolo a.C. Descriveva come produrre quello che era l’antenato del Passito di Pantelleria di oggi. “Si raccoglievano i grappoli maturi, avendo cura di eliminare quelli ammuffiti o guasti, poi si esponevano al sole su una canna, curando di proteggerla dalla rugiada coprendoli durante la notte. Quando i grappoli erano diventati secchi, si staccavano gli acini in una giara ricoprendoli di mosto. Dopo sei giorni si spremevano e si raccoglieva il liquido. Ultimata questa operazione, si pigiava la vinaccia aggiungendovi del fresco fatto con altra uva tenuta al sole per tre giorni”.
Curiosità: l’influenza araba nell’isola fu tale che tutt’oggi molte zone e vigneti hanno ancora nomi
arabi, come Gadir, Khamma, Rakhali, Bukkuram e altri.
Uvaggio: Zibibbo (100%), sottoposto ad appassimento su pianta o dopo la raccolta.
Area geografica: vino prodotto nel territorio dell’isola di Pantelleria, in provincia di Trapani.
Gradazione alcolica minima: 20° di cui 14,5 in alcol svolto.
Colore: giallo dorato talvolta tendente all’ambra.
Profumo: fragrante di Moscato.
Sapore; dolce, vellutato, caldo e aromatico.
Come servirlo: a 14 – 15°C.
Vini rinforzati
MARSALA
E’ un vino liquoroso con l’aggiunta ai mosti, ai vini o alla loro miscela, di alcol etilico o acquavite di vino ed eventualmente di mosto cotto e di mosto concentrato.
Marsala significa “porto di Allah”, nome imposto dagli arabi quando vi sbarcarono mille anni or sono. Il pittore Rubens fu uno dei primi stranieri ad apprezzare questo vino. Venuto in Italia per apprendere i segreti dell’arte del Caravaggio, tornò in patria con una buona scorta di Marsala.
Un grande contributo a questo vino va riconosciuto al maggiore John Woodhouse, un mercante venuto da Liverpool intorno al 1773. Si era spinto fino a Marsala per sviluppare i suoi commerci, tra cui quello del vino. All’epoca, però, una grande problematica era la stabilità del vino durante il trasporto: diventava imbevibile dopo pochissimo tempo. Intorno al 1774, Woodhouse effettuò la prima spedizione in Inghilterra di sessanta botti di Marsala, alle quali avrebbe aggiunto due galloni di alcol, probabilmente di rhum. Con questo stratagemma ottenne ottimi risultati, il vino riscontrò grandi successi dando una svolta alla commercializzazione del Marsala ma anche al vino siciliano in generale.
Uvaggio: Grillo, Cataratto, Inzolia e/o Damaschino (al 100%).
Per i Marsala Rubino: Perricone ( detto Pignatello) e/o Calabrese (detto Nero d’ Avola)
e/o Nerello Mascalese (dal 70 fino al 100%), con eventuale aggiunta di uve bianche
impiegate negli altri tipi di Marsala (fino al 30%).
Area geografica: tutta la provincia di Trapani, esclusi il comune di Alcamo e la isole di Pantelleria
e Favignana.
Gradazione alcolica minima: 17% vol.
Colore: si classificano per colore, “oro” (dorato più o meno intenso), “Ambra” (giallo ambrato più o
meno intenso) e “Rubino” (rosso rubino che, con l’età acquista riflessi ambrati), e per le
caratteristiche del vino e il suo invecchiamento.
Profumo: ricco, ampio, con sentori di confettura, di frutta secca, uva passa e miele.
Sapore: elegante, da secco a dolce, strutturato e avvolgente.
Come servirlo: a 10 – 12°C.
IL VINO HALAL
Da alcuni anni molti produttori si stanno impegnando nella produzione di vini biologici, senza solfiti e senz’alcol. Sempre più persone, vuoi per motivi religiosi, vuoi per malattia o semplicemente per le nuove restrizioni di legge, sono orientate a bere vino senz’alcol.
Diverse le regioni italiane che hanno iniziato a sperimentare questo tipo di produzione. Vini ma anche spumanti. Per esempio, nelle Marche, a Cupramontana, in provincia di Ancona, già da qualche anno si produce uno splendido spumante dolce, biologico, zero alcol, il primo in Italia a ricevere contemporaneamente le certificazioni “biologico” e “halal”.
Si tratta di prestigiose bevande a base di succo d’uva, pensate per i paesi di religione islamica ma che hanno avuto interessanti sviluppi anche nel mercato occidentale. Possono essere infatti consumate da tutti, adulti e bambini, donne incinta.